Avevamo già avuto modo di scrivere in merito alle accuse rivolte alla società petrolifera Shell per danni ambientali in Nigeria. Ne parlammo in occasione del 25° anniversario dell’assassinio di Ken Saro-Wiwa, drammaturgo e militante ecologista che denunciò la multinazionale (con sede principale nei Paesi Bassi) di violazioni dei diritti umani e distruzione ambientale. Per approfondire si veda l’Articolo “Le rivendicazioni di Ken Saro-Wiwa e del popolo degli Ogoni”.

Sul finire del mese di gennaio 2021 è giunta una notizia che sta facendo scalpore: il tribunale de L’Aia ha condannato la filiale di Shell in Nigeria a risarcire un gruppo di contadini per i danni provocati alle loro terre dagli sversamenti di petrolio. Si tratta di una storica sentenza, dopo ben 13 anni di udienze. Il giudice Sierd Schaafsma della Corte d’Appello de L’Aia si è espresso a favore della maggior parte delle rivendicazioni dei contadini e degli ambientalisti, dichiarando: “La Corte ordina che Shell Nigeria è responsabile dei danni causati dagli sversamenti. Shell Nigeria è tenuta a risarcire i contadini”.

L’ammontare effettivo verrà stabilito in una prossima sentenza. Ma non è tutto. La Corte d’Appello ha stabilito che la casa-madre, la Royal Dutch Shell e la sua sussidiaria nigeriana, devono installare un sistema di controllo delle perdite a un gasdotto nell’area sud-orientale della Nigeria, al fine di prevenire futuri sversamenti di petrolio. I villaggi coinvolti sono Goi, Ikot Ada Udo e Oruma.

Una sentenza storica

È la prima volta che un giudice di una Corte di Giustizia olandese pronuncia un verdetto sfavorevole a Shell. Sebbene la multinazionale potrebbe fare ricorso, si tratta comunque di una decisione importante. È una vicenda che dura da 13 anni. Nel 2008, quattro contadini e pescatori nigeriani – grazie all’appoggio dell’organizzazione ambientalista Friends of Earth – hanno portato in giudizio il gigante petrolifero davanti a un tribunale olandese. Due dei quattro accusatori della multinazionale anglo-olandese sono purtroppo deceduti, senza fare in tempo ad ascoltare un verdetto che può rappresentare un precedente importante.

La teoria dei sabotaggi

Da parte sua, la Shell ha ovviamente espresso commenti di disapprovazione verso il verdetto del giudice, dichiarando che gli sversamenti di petrolio nei villaggi di Oruma e Goi siano stati dovuti semplicemente ad atti di sabotaggio ad opera della popolazione locale. Si tratta di un’accusa non provata. Certo è che la multinazionale Shell è da oltre 50 anni che sfrutta abbondantemente le riserve di petrolio della Nigeria, lasciando gli abitanti del Delta del Niger in una condizione di povertà, in un ambiente sempre più inquinato.

Un possibile effetto domino?

 

Il verdetto del giudice Sierd Schaafsma della Corte d’Appello de L’Aia rappresenta una decisione storica, che potrebbe innescare un effetto domino su altri processi simili contro Shell, in corso sempre nei Paesi Bassi. Ricordiamo il processo Kiobel contro Shell, che tenta di far luce sul ruolo avuto dalla compagnia petrolifera nell’esecuzione di nove attivisti nigeriani negli anni Novanta. È un processo che vede sfidarsi Davide contro Golia: Kiobel è il cognome di Esther, vedova di uno dei rappresentanti del Movement for the Survival of the Ogoni People (MOSOP) uccisi nel 1995. Ma Esther, insieme ad altre donne Ogoni, sono determinate a continuare a rivendicare giustizia.

La sentenza di fine gennaio 2021 della Corte d’Appello de L’Aia le spronerà certo a proseguire con maggiore speranza e fermezza, sino a quando sarà fatta luce sulle effettive responsabilità del gigante Shell. Un passo avanti in tale direzione è stato compiuto grazie al tribunale del distretto de L’Aia, che ha ordinato alla Shell di rendere pubblici alcuni documenti confidenziali interni alla compagnia petrolifera. Alcuni, ma non tutti quelli richiesti dagli avvocati di Esther.

Silvia C. Turrin

Foto: sweetcrudereports.com; behindthelogos.org-George Osodi; amnesty.org; orientenergyreview.com