P. Silvano Galli, dal Togo, condivide i racconti dei giovani che frequentano la Propedeutica e che hanno da poco terminato gli esami del secondo trimestre.
Abbiamo terminato gli esami del secondo trimestre. L’anno accademico, per noi della propedeutica, è stato un po’ accorciato, e terminiamo fine aprile, in vista dell’Assemblea Generale che inizia a metà maggio.
Ecco qualche spunto delle redazioni dei giovani, sulla missione e sulla vita e sulle culture tradizionali.
Essere missionario lontano dai nostri paesi, fra gente sconosciuta e culture diverse, significa condividere l’amore di Cristo con altri e far loro comprendere che siamo tutti fratelli.
Vivere in una stessa casa con persone di diversi paesi, significa costruire l’unità attraverso le nostre diversità, vivere in armonia come fratelli, imparare gli uni dagli altri ed aprirsi a culture nuove. (PUGN Gatien)
Missionario non solo lasciando il proprio paese, ma soprattutto missionario con gli altri e per gli altri. “È l’armonia che esiste fra i diversi colori che fa la bellezza di un fiore”. (BAKENAKOU Grégoire)
Charles de Foucauld ci ricorda che noi siamo missionari attraverso quello che siamo, non attraverso quello che facciamo (DEGBE Lucien)
Le sfide fanno parte della nostra missione per aiutarci ad acquistare nuove esperienze, entrare in nuove culture, imparare dai nostri errori e a cambiare il nostro modo di vedere le cose.
I corsi mi hanno permesso di essere ben attrezzato come missionario di domani, per non avere paura, di mettermi in ricerca, approfondire, la comprensione di altre culture, senza mai giudicare.
La saggezza ci aiuta a ben vivere con gli altri, a sviluppare la nostra maturità, ad affrontare le sfide che ci vengono incontro.
Siamo una famiglia composta da 7 giovani, tutti con un percorso universitario, un responsabile della comunità, padre Valéry Aguh, che ha trascorso dieci anni in Sierra Leone, un direttore degli studi Jean Jacques Wisdom, e un accompagnatore, il vecchio Silvano.
Alcuni di questi giovani hanno avuto un percorso difficile che li ha preparati alle complessità della vita.
Un esempio.
Provengo da una famiglia normale e che funzionava bene, vivevamo tutti senza grosse preoccupazioni quando all’improvviso i nostri genitori si sono separati.
Questo evento ha sconvolto tutta la nostra vita, perché io ero ancora in prima elementare, il fratello in quarta elementare, e la sorella in quinta.
Dopo la separazione dei miei genitori sono rimasto con i miei zii fino quando ho terminato le elementari. È stato un periodo molto difficile.
La famiglia era contadina, ho dovuto prendere una zappa già in seconda elementare perché era l’unico modo per poter mangiare.
Ero abbandonato a me stesso. E così fino alla prima media quando mia madre è venuta a trovarmi con dei vestiti e poi è sparita di nuovo.
Ho dovuto affrontare questa vita nomade (andare avanti e indietro), e diversi problemi, soprattutto la mancanza di affetto da parte dei genitori, finché ho ottenuto il mio diploma di quinta ginnasio.
Dopo il diploma, papà ha deciso di mandarmi nella città di Sokodé per continuare i miei studi con un tutore.
A Sokodé ho frequentato il liceo. Terminati gli studi sono sceso a Lomé e mi sono iscritto all’università in antropologia e ho passato due esami. Poi sono entrato nella SMA.
E per finire due parole sulla domenica delle palme. C’è un asino legato di cui il Signore ha bisogno.
Un paio di discepoli vanno a cercarlo, trovano qualche resistenza, ma riescono a slegarlo e lo portano a Gesù che lo cavalca. Attorno c’è una folla variopinta che lo accompagna. Chiedo ai giovani:
– Chi è più vicino a Gesù in questo cammino?
– La Madonna, Giovanni, i discepoli, le pie donne… rispondono…
– No, dico io, ma l’asino, è lui che porta Gesù, ma non è lui il personaggio più importante, lui è solo la cavalcatura che tutti guardano, ed è lui che fatica, perché il cammino verso Gerusalemme è tutto in salita. E l’Asino deve andare là dove il Signore lo guida, non dove vuole andare lui, è quel che c‘è sopra che traccia il cammino.
P. Silvano Galli
dalla Propedeutica (Togo)