Così p. Antonio Porcellato ripercorre i momenti salienti di questo incontro:

Il 9 Novembre 2020 si inciderà nella memoria, esattamente come il 9 ottobre, un mese prima, il giorno che abbiamo accolto alla Farnesina P. Pier Luigi di ritorno dai due anni di rapimento.

Un primo momento forte è stato la Messa della Comunità della Nocetta, alle 7.15, presieduta da P. Gigi alla presenza anche di 6 tra i suoi familiari. “Santo è il tempio di Dio che siete voi” diceva il brano della prima ai Corinti, letto nella festa della dedicazione della Basilica Lateranense.

P. Gigi commenta: “Come non pensare alla “basilica” di Bomoanga? E come non pensare al fatto che quando mi hanno preso ero in pigiama e non avevo niente altro con me. Ma il mio essere, la mia persona, le mie lacrime, sono state il tempio. Ero senza breviario, senza Bibbia. Pregavo alcuni salmi a memoria (il 129, il 22 il cantico, di Fil 2), dicevo il Rosario formando nuovi misteri secondo gli episodi biblici e i misteri dell’anno liturgico, dicevo le parole della consacrazione, non avendo altro corpo spezzato e offerto da offrire che il mio corpo, il tempio di Dio che siamo noi”.

La Basilica di San Pietro al nostro arrivo alle 9  del mattino di questo lunedì è particolarmente luminosa contro un cielo profondamente azzurro. Usiamo il cellulare per mandare rapidamente una foto di noi otto a p. Walter in Liberia. La trafila per il controllo di sicurezza è brevissima e ci posizioniamo davanti al portone di Bronzo.

Siamo piacevolmente sorpresi e incoraggiati dalla gentilezza delle guardie svizzere e dei “soprannumerari” incaricati dell’accoglienza. Un’ora di attesa passa in fretta dentro alle stanze grandi e piccole tutte molto decorate. Siamo tutti con la maschera FFP2, ma il sorridente prefetto, Mons. Sapienza, ci invita a toglierla.

La delegazione del Vicepresidente dell’Equador si congeda dal Santo Padre e arriva il nostro turno. Mons. Sapienza chiama p. Gigi e me: entriamo nella Biblioteca da Papa Francesco, i familiari aspettano nella stanza accanto.

Papa Francesco ci accoglie con la consueta cordialità e semplicità. Una manciata di secondi per i fotografi ufficiali che scattano alcune foto e poi rimaniamo soli noi tre: Papa Francesco, p. Gigi e io.

P. Gigi ringrazia, racconta alcune cose della sua prigionia: il papa lo ascolta con molta attenzione. Gigi snocciola vari temi: la preghiera della Chiesa per lui, i rapporti con i rapitori e la loro sorpresa davanti all’augurio di arrivare a capire che siamo tutti fratelli, la situazione degli altri ostaggi ancora nelle mani dei rapitori, in particolare sr Gloria; la difficile situazione delle comunità in Niger, di Bomoanga in particolare, non senza un momento di commozione…

Il Papa parla anche della fraternità come intuizione fondamentale del cristianesimo, cita il documento che ha firmato a Abu Dhabi, ma anche delle difficoltà di convivenza con l’Islam in alcuni paesi africani, della crescente ondata di odio, del rifiuto dei migranti.

Papa Francesco mi domanda del nostro Istituto, delle vocazioni… Gli parlo delle vocazioni dall’Africa e dall’Asia, della scelta di andare o restare in situazioni difficili, della condivisione tra tutti di risorse economiche e di personale che ci permette di continuare la missione in Africa, dei primi inserimenti missionari in Europa.

Il suo volto si illumina quando dico che nella casa Generalizia da quattro anni accogliamo dei migranti. Invita noi missionari a riconoscere negli altri dei fratelli prima di considerarli possibili futuri adepti del nostro gruppo. Il proselitismo è una tentazione subdola da cui guardarci. Gli ridico tutta la nostra riconoscenza per  “Fratelli Tutti” e l’impegno di tutti noi nella preghiera per lui.

I quindici minuti sono passati in fretta. Papa Francesco propone di uscire per salutare la famiglia. I sei componenti della famiglia Maccalli evocano lo scampanìo in tutta la diocesi di Crema per la liberazione di P. Gigi. Daniele Marchesi dice al Papa che sono idealmente presenti anche p. Walter e don Giovanni, parroco di Madignano.

Riceve dalle mani del Papa i Rosari anche per loro. Resta l’Ave Maria pregata insieme e la benedizione del Papa. P. Gigi la reclamava perché il giorno di Pentecoste nello scorso maggio, la radiolina sintonizzata su radio Vaticana aveva cessato di funzionare subito prima del momento della benedizione. Il papa stringe la mano a tutti, ma arrivato a p. Gigi, lui stesso si china e gli bacia con affetto le mani.

Papa Francesco era contento: la testimonianza di Gigi era stata un’occasione di gioia profonda e di comunione nella fede: non c’erano problemi immediati da risolvere, ma un ringraziare insieme il Signore e un potente incoraggiamento a proseguire sulla strada della fraternità.

Usciamo con l’anima sazia di emozioni che presentiamo al Signore con una breve sosta alla cappella dell’adorazione nella Basilica di S. Pietro. Intanto cominciano le telefonate e i messaggi dei giornalisti. Grazie a loro la notizia della nostra udienza si diffonde dappertutto. P. Gigi si presta a tutti con gentilezza e parole profonde. E la missione continua…

P. Antonio Porcellato
Roma 9 Novembre 2020