Le donne immigrate in Italia superano i 2,6 milioni, e sono sempre più impegnate sul fronte dell’integrazione nella nostra società, per se stesse, i loro figli e le loro famiglie. La Festa della Donna, dicono molte di loro, non fa parte della tradizione culturale dei loro paesi di origine. In Africa, ad esempio, è piuttosto sentita la Giornata della Donna Africana, che si celebra il 3 luglio. Ma non è un giorno in cui rivendicar i propri diritti, quanto piuttosto un’occasione in cui tutta la popolazione rende omaggio alle donne, ed esprime la propria riconoscenza per il ruolo imprescindibile che esse svolgono nella famiglia e nella società.

Soumia è una giovane studentessa di origini marocchine, cresciuta in Italia. Così spiega come vive questa giornata dell’8 marzo: “La festa della donna l’ho conosciuta nella scuola italiana, già alle elementari. Qualche volta ne abbiamo discusso anche a casa con papà e mamma, dei suo significato. Mio papà e i miei fratelli ormai sono abituati a portare a me e alla mamma delle mimose, anche se in Marocco non si usa. Ma aldilà delle mimose, che a scuola ci venivano date dai compagni, non credo che nessuno di noi approfondisca davvero il senso di questa festa”.

Aminata ha 36 anni, viene dal Mali, e in Italia è diventata imprenditrice. È mamma di una bambina di 6 anni. La Festa della Donna le ha insegnato che è possibile staccarsi dai ruoli di sottomissione che ti impone la tua tradizione, per evolvere economicamente e socialmente. Dice: “La festa della donna l’ho vista per la prima volta qui in Italia. Mia madre mi ha sempre detto che essere donna vuol dire anche avere grande responsabilità verso la famiglia e la comunità di origine. Ciò significava per lei crescermi come una brava donna di casa, così come sua mamma le aveva insegnato. Con me, qui in Italia, non ci è riuscita, ma la cosa sorprendente è che alla fine è anche contenta di non esserci riuscita”.

In questa giornata ci sono donne che non possono non ricordare il dramma della migrazione. Pauline è fuggita dalla Nigeria, e ha raggiunto Lampedusa su un barcone passando attraverso l’inferno della Libia. Sogna di avere un lavoro normale, per questo ha iniziato a studiare italiano e a frequentare corsi di formazione professionale. Lei che nel suo paese era insegnante, sa bene l’importanza dell’istruzione per una donna: Voglio imparare, solo così potrò entrare a far parte veramente di questa società, trovare un lavoro e ricominciare a vivere. È questo per me oggi, concretamente, il significato della Festa della Donna”.

Marwa è una mamma egiziana di 45 anni, e dice di aver ricevuto molto da questa Festa, perché ha aumentato in lei la consapevolezza e il desiderio di fare qualcosa perché anche nel suo Paese le donne siano iù considerate.

Così si esprime: “La questione di genere l’ho interiorizzata qui in Italia. La consapevolezza sui miei diritti come donna la devo più a questo paese che a quello da cui provengo. Certo, la strada è sempre in salita, ma so da dove vengo e non posso che considerarmi fortunata per aver avuto un contesto di crescita diverso e più libero, che mi ha permesso di aprire la mia mente e riflettere su me stessa, come essere umano prima di tutto. Detto questo, non posso che seguire con apprensione ciò che accade nel mio Paese d’origine. Pensare che oggi, nel 2019, si discuta ancora di poligamia, se sia giusta o meno, è molto deprimente, così come è deprimente pensare che le donne musulmane ancora oggi debbano fare una lunga lotta per farsi riconoscere alla pari in materia di eredità, nonostante siano un pilastro portante dell’economia dei loro paesi. Il mio grande desiderio è che la diaspora fatta di donne come me in giro per il mondo, possa contribuire a cambiare i propri Paesi di origine con iniziative che partano proprio da questa data”.

Andreina è una giovane immigrata di origine capoverdiana. Fa parte del Progetto Migrantour, è guida turistica a Napoli ed aiuta i turisti italiani a riscoprire i loro monumenti e la loro storia con occhi e sensibilità diversi. Oggi, 8 marzo, condurrà un gruppo di donne napoletane tra strade e le storie che abitano Piazza Garibaldi, punto di arrivo e luogo dove oggi molte cittadini di origine straniera abitano. “Di questo itinerario – spiega – colpisce molto la pasticceria Lauri, gestita da un napoletano, che però si è adeguato alle trasformazioni del quartiere  con l’arrivo degli immigrati ha iniziato a fare anche dolci che non contengono grasso animale né alcol. Per me è un piacere far conoscere anche alle persone i lati positivi dell’immigrazione, come l’apporto che gli immigrati hanno portato all’economia della zona”.

Foto: La Stampa, Sant’Egidio