Silvia C. Turrin

La regione della Nigeria chiamata Ogoniland continua a subire i danni di un disastroso inquinamento provocato da anni di sfruttamento petrolifero da parte della Shell. Nonostante la multinazionale britannica abbia interrotto la sua attività estrattiva a partire dal 1993, l’ambiente e le comunità che vivono nella zona continuano a subire i gravi effetti di uno sfruttamento senza controllo, durato per decenni.

Un disastro non solo ambientale

Falde freatiche inquinate, aree agricole devastate, zone di pesca impoverite: sono queste alcune delle terribili conseguenze provocate dall’estrazione di petrolio nell’Ogoniland ad opera di grandi multinazionali, come Shell, Total ed Eni. La compagnia britannica rimane la principale accusata, tanto che negli ultimi anni è stata accusata di disastri ambientali e chiamata a processo dalle comunità nigeriane di fronte al tribunale internazionale de L’Aia.

Le accuse per disastro ambientale, in Africa, verso Shell erano state mosse già nel corso degli anni Ottanta del XX secolo. Tra i più importanti e noti critici vi fu Ken Saro-Wiwa (1941-1995), scrittore, poeta ed ecologista nigeriano ucciso proprio per il suo impegno sociale.

L’attivismo di Ken Saro-Wiwa 

Ken Saro-Wiwa si era fatto portavoce del popolo Ogoni (da qui prende il nome la regione nigeriana Ogoniland). Questa comunità, che rappresenta una minoranza etnica in Nigeria, vive in una delle aree dell’Africa più ricche di giacimenti petroliferi. Se l’oro nero avrebbe potuto portare ricchezza, in pratica, la comunità degli Ogoni ha subito solo danni a causa dello sfruttamento di petrolio. Inquinamento dell’aria e delle acque, depauperamento delle terre agricole, minacce, morti e malformazioni: ecco cosa gli Ogoni hanno ottenuto.

Per contrastare gli abusi delle compagnie petrolifere, sostenute da conniventi politici nigeriani, Ken Saro-Wiwa e altri attivisti avevano fondato il Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni (MPSOP). Grazie al Movimento e allo spirito di unità che si era creato ad attorno ad esso, vennero promosse campagne di protesta non violente per denunciare l’inquinamento ambientale.

Queste manifestazioni, nel 1993, riuscirono a ottenere un risultato storico: la sospensione definitiva da parte di Shell delle attività estrattive nella regione degli Ogoni. Un successo per l’ecosistema del Delta del Niger e per la comunità Ogoni. Ma una grave perdita economica per il governo, all’epoca capeggiato da Sani Abacha, autocrate che ha instaurato un regime violento dal 1993 al 1998.

Abacha soppresse le istituzioni democratiche e portò il paese sull’orlo di una crisi economica e sociale. Le manifestazioni anti-governative venivano brutalmente interrotte. In questo clima di oppressione, migliaia di Ogoni furono uccisi dalle forze di polizia e dai militari. Il regime fece arrestare i principali esponenti del MOSOP: Ken Saro-Wiwa, Baribor Bera, Saturday Doobee, Nordu Eawo, Daniek Gbokoo, Barinem Klobel, John Kpuinen, Paul Levura e Felix Nuate. Il 10 novembre 1995 vennero barbaramente impiccati.

L’impegno di Ken Saro-Wiwa e dei suoi compagni non è andato perduto, sebbene il progetto di bonifica delle terre inquinate dal petrolio non si stia ancora implementando in modo efficiente e celere.

Anomalie nel progetto di bonifica

L’agenzia Bloomberg ha messo in evidenza anomalie riguardanti proprio il progetto di bonifica delle terre nell’Ogoniland. Oltre a essere costoso – l’ammontare è di circa un miliardo di dollari – il progetto, chiamato Hyprep, è affidato a operatori non idonei alle operazioni di bonifica. Un aspetto, questo, che rischia di aggravare ancor di più i livelli di inquinamento ambientale del Delta del Niger. È stato inoltre rilevato un conflitto d’interessi, poiché il direttore dei servizi tecnici dell’Hyprep è un ex quadro della Shell.

Ulteriore preoccupazione desta l’abbandono del progetto e del sostegno alle popolazioni dell’Ogoniland del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

A tutto ciò si aggiunge la mancanza di trasparenza nella gestione non solo dei fondi per la bonifica, ma anche per i risarcimenti dovuti ai danni ambientali e sociali provocati dall’inquinamento petrolifero, come segnalato già nel 2020 da Fegalo Nsuke, presidente del MOSOP. Risarcimenti doverosi, dato che gli sversamenti di oro nero nelle acque e nei campi hanno provocato morti e malformazioni.

Il popolo Ogoni sta ancora aspettando risposte e giustizia per poter riconquistare quel diritto alla vita menzionato da Ken Saro-Wiwa:

“[…]Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; sento rabbia per la devastazione di questa terra; voglio che il mio popolo riconquisti al più presto il suo diritto alla vita e a una vita decente”.

 

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Foto: Center for Constitutional Rights; wikimedia.org