Abas, 32 anni è cittadino olandese, ma è di origine somala. Nel 2018 la sua famiglia in Somalia lo convince a tornare in patria, per rilevare l’azienda di famiglia, la Fanproj, fondata nel 1984. All’inizio, suo padre aveva solo un piccolo cinema improvvisato dove proiettava cassette video noleggiate: film italiani, egiziani e le prime produzioni indiane di Bollywood. L’azienda di proiezione di film è sopravvissuta alla guerra civile, e oggi, 35 anni dopo, dà lavoro a 36 persone, inclusi 7 traduttori a tempo pieno: “Uno dei miei traduttori ha imparato l’hindi e l’urdu dalla comunità indiana a Dubai e guardando film di Bollywood con sottotitoli in inglese. Anch’io ne ho guardati migliaia, e ora capisco Urdu al 40%”, dice Abas.

 

“Negli anni 2000 – continua a raccontare Abas – a causa della guerra e degli islamisti radicali di al-Shabaab, la gente si doveva nascondersi per guardare film e serie tv. Eppure per noi in Somalia guardare un video in tv è un evento sociale, siamo abituati a guardare la TV in gruppo, con amici e parenti, all’aperto la sera, o in una casa spaziosa di giorno. Per fortuna oggi possiamo farlo di nuovo, da quando nel 2011 gli Shabab sono stati espulsi dalla capitale!”.

La sua società traduce ogni settimana da due a tre film e una dozzina di episodi di serie tv. Gli spettatori richiedono soprattutto prodotti cinematografici che vengono dalla Turchia e dall’India. E si devono reclutare immigrati somali che hanno lavorato in quei paesi, ne hanno imparato la lingua, ed ora hanno accettato, dietro un buon compenso, di ritornare in Somalia e fare i traduttori.

I somali hanno cominciato ad amare la Turchia da quando Erdogan nel 2011 ha effettuato una visita nel Paese, primo capo di Stato straniero a mettere piede nel disastrato Paese. La Turchia sta investendo molto in Somalia: costruzione di ospedali, scuole, strade e anche l’ampliamento dell’aeroporto. Ha offerto anche borse di studio agli studenti somali, per frequentare l’università in Turchia. E tornano entusiasti della società turca!

Nel Corno d’Africa, l’aiuto allo sviluppo dei turchi si accompagna con una forte diplomazia culturale. E la cinematografia  ne è lo strumento principale, come spiega Nilgan Tutal Cheviron, ricercatrice all’Università Galatasaray. Cheviron si sforza di far capire che “l’industria cinematografica è stata fortemente sostenuta dallo stato turco, perché si compiace di mostrare l’immagine della grandiosità neo-ottomana, che colpisce gli abitanti di questa regione dell’Africa, unita però all’immagine di un Islam moderno”.

Agli occhi dei giovani somali, le serie turche rispettano i canoni della morale islamica applicata agli spettacoli. L’assenza di baci e di altre allusioni sessuali, come pure l’abbigliamento femminile castigato, ciò riflette meglio la cultura locale, rispetto ai film e alle serie tv prodotti da Hollywood, ma anche da Nollywood, l’industria del cinema nigeriana, che è in forte espansione sul resto del continente.

In una certa misura, anche Bollywood, il cinema indiano, si fregia dell’etichetta “amico dell’Islam”, perché “il pudore è molto presente”, aggiunge il giovane direttore di Fanproj, che precisa: “I matrimoni dei giovani somali di oggi sono modellati su quelli di Bollywood. Questo è logico, perché, in fondo, i nostri abiti e le nostre musiche si assomigliano”.

Adattato dal blog Africa di Le Monde
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