Le piogge torrenziali che hanno colpito il cuore verde dell’Africa all’inizio di maggio hanno provocato la morte di centinaia e centinaia di persone. Migliaia i dispersi.

Uganda, Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo sono i paesi che hanno subito gravissimi danni e perdite enormi. Le autorità, come accade sempre in questi casi, annunciano bilanci delle vittime e degli sfollati.

Bilanci che cambiano di giorno in giorno. Ma basta osservare le immagini delle abitazioni distrutte e dei luoghi devastati dall’acqua per capire che le piogge sono state copiose, tanto da provocare terribili inondazioni e frane. Migliaia i senzatetto e migliaia le famiglie che hanno anche perso tutto.

In Uganda è soprattutto la zona del sud-ovest a essere stata maggiormente colpita. Nel distretto di Kisoro le colate di fango hanno sepolto intere case abitate da persone. Principali vittime, donne e bambini.

Nella Repubblica Democratica del Congo le inondazioni hanno colpito soprattutto il Sud Kivu. I soccorritori hanno visto centinaia di morti. Scavano tra le macerie alla ricerca disperata dei dispersi. Tra i villaggi devastati, Nyamukubi, dove non c’è più nulla: solo morti e desolazione. Nell’area verdeggiante di Kalehe sono state distrutte case, scuole, la zona del mercato e il centro sanitario.

Rimangono fango e pietre per effetto dello straripamento dei fiumi, dovuto alle intense piogge. L’acqua ha spazzato via tutto ciò che incontrava al suo passaggio.

Forti piogge, terreni scoscesi, impoverimento del suolo hanno provocato questi drammi. Cause che si inseriscono nel più ampio quadro planetario dominato dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale.

Gli eventi meteorologici estremi – come le piogge torrenziali o i lunghi periodi di siccità (si veda la situazione nel Corno d’Africa) – stanno diventando sempre più frequenti proprio a causa dell’effetto serra , e quindi dell’aumento delle temperature sulla Terra.

Greenpeace Africa ha esortato i governi e gli amministratori locali ad attuare piani seri e concreti per prevenire la distruzione provocata dalle inondazioni, che, in certe zone dell’Africa, saranno sempre più devastanti.

Ma certamente l’Africa non si può salvare da sola, perché, lo ricordiamo, è il continente che subisce di più gli effetti del global warming e della crisi climatica, sebbene non sia il responsabile delle emissioni di gas serra. Per questo, le nazioni più ricche e più inquinanti al mondo devono assumersi le loro responsabilità. Anche perché il riscaldamento globale non può essere fermato né da muri, né dai confini.

a cura di Silvia C. Turrin

Foto: adiac-congo.com; radio Okapi;

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