Meno di due dosi ogni cento abitanti: l’Africa resta il continente meno immunizzato del mondo. Un miliardo e 400 milioni di abitanti, ma solo 28 milioni di vaccini anti-Covid somministrati entro la fine di maggio.

Il ritardo africano ci riguarda tutti: il virus in Africa continua a correre, con il rischio di produrre nuove varianti resistenti agli attuali vaccini. Ma la reazione dei ricchi paesi rasenta l’indifferenza.

Sui ritardi influisce anche l’inefficienza nel sistema sanitario africano, incapace di distribuire in modo rapido e capillare i vaccini. La data di scadenza dei vaccini consegnati ai Paesi africani spesso lascia poco tempo di manovra.

Emblematico il caso del Malawi (18 milioni di abitanti, 353 mila vaccini inoculati finora), che ha pubblicamente bruciato 20 mila dosi di vaccino arrivate il mese scorso con una scadenza di pochi giorni.

E poi un altro caso in Sud Sudan, Paese in guerra con strutture sanitarie quasi inesistenti: il governo ha regalato al Kenya le sue preziose 8.600 dosi in dotazione, temendo di non riuscire a utilizzarle visti i tempi stretti di scadenza.

Queste e molte altre situazioni le ha denunciate Amanda Harvey-Dehaye di Medici Senza Frontiere al Financial Times. Che rimprovera ai Paesi occidentali di offrire all’Africa solo i rimasugli.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un appello: nelle prossime settimane servono con urgenza 200 milioni di dosi, se si vuole vaccinare almeno il 10% della popolazione africana entro fine settembre.

L’Unione Europea ha promesso di mandarne 100 milioni a Paesi a basso reddito entro la fine dell’anno, gli Usa 80 milioni, nel quadro del programma Covax, l’alleanza internazionale per i vaccini operante sotto l’egida dell’Onu.

I 54 Paesi africani hanno una capacità ridottissima di acquistare i vaccini dalle aziende produttrici. L’Unione Europea nei giorni scorsi ha annunciato che investirà un miliardo di euro per potenziale la capacità produttiva dell’Africa nel settore sanitario. Ma i vaccini servono ora.

Due settimane a fa, su iniziativa del presidente Macron, a Parigi si è tenuta una conferenza internazionale per fare il punto sulla vaccinazione in Africa.

Il presidente congolese Félix Tshisekedi, presidente di turno dell’Unione Africana, ha insistito affinché si fabbrichino i vaccini in Africa, per superare una certa paura “complottista” della popolazione: “Se il prodotto viene dall’Africa, avrà un impatto positivo”.

Per arrivare a ciò, i partecipanti si sono impegnati per una sospensione dei brevetti sui vaccini destinati al continente africano. La speranza è di vaccinare il 60% degli africani entro la metà del 2022, utilizzando pure le dosi in sovrappiù dei Paesi ricchi. “Occorre fare in Africa ciò che facciamo con noi stessi”, ha sottolineato Macron.

La Banca Mondiale e dal Fondo monetario internazionale stanno studiando dei meccanismi di finanziamento attraverso l’emissione di nuovi diritti speciali di prelievo, con l’obiettivo è di rendere disponibili a breve 100 miliardi di dollari. In programma anche un massiccio aiuto economico per rilanciare lo sviluppo del continente dopo la crisi del covid.

Soddisfatto il premier Mario Draghi, per il quale il vertice parigino “comincia a organizzare risposte per l’Africa come quelle di Europa e Usa” contro la pandemia.

Draghi ha confermato che tutte le proposte avanzate “verranno riprese e sostenute al G20”, di cui è presidente di turno l’Italia, per dare massimo peso a una “risposta necessariamente mondiale” che dovrà passare in particolare per nuove linee di crediti, doni e sovvenzioni.

Fonte: Avvenire e Corriere della Sera

Foto: Unicef