È passato un bel po’ di tempo dall’ultima lettera, ma eccomi qui. Da dove iniziare?? Innanzitutto dalla celebrazione della Santa Pasqua.

La mia prima Pasqua africana, sicuramente esperienza nuova, intensa e fruttuosa. Abbiamo preparato con grande cura le celebrazioni del triduo pasquale, dando spazio all’internazionalità della nostra casa. Danze, canti, diversi gesti liturgici da tutto il mondo, persino in italiano

Venerdì la grande celebrazione della Via Crucis con la rappresentazione della passione di nostro Signore Gesù  interpretata da noi seminaristi, alla quale hanno partecipato davvero tante persone. Un’esperienza forte per vivere più da vicino la passione e poter toccare con mano l’immenso dono d’amore di Gesù che muore in croce per noi. Poi la Pasqua di Risurrezione tra i canti e le danze di festa che ci hanno fatto sentire e vivere la gioia di Gesù Risorto!

Il lavoro certamente in quei giorni non è mancato, la fatica si è presto fatta sentire e d’improvviso la malaria è tornata a farmi visita. Fortunatamente questa volta ho saputo leggere i sintomi, mi sono curato per tempo e il mio corpo è riuscito a riprendersi più velocemente. Come si dice dalle nostre parti pian piano mi sto facendo le ossa  È stato comunque un prezioso campanello d’allarme per ricordarmi della mia fragilità e invitarmi ad aver cura della mia salute perché è un dono prezioso e mai scontato.

Il mese di aprile è volato fra la quotidianità di vita qui a Calaví di cui ormai mi sento parte. La pioggia ci ha donato un po’ di sollievo, anche se solo passeggero. La terra irrigata ci ha permesso di cominciare per la prima volta qui nella comunità la semina del mais e delle arachidi. Ed ora come il buon seminatore attendiamo con pazienza il tempo del raccolto che speriamo abbondante. Come potete immaginare per un montanaro come me, questa esperienza campagnola è stata molto bella e arricchente.
Vorrei aggiungere il dono della fraternità che ogni giorno vivo con questi miei compagni africani.

Ho avuto la gioia di poter entrare in punta di piedi nella casa di Paulin, un seminarista beninese che viene da una “baraccopoli” di Cotonou. La sua casa una vera e propria baracca dove è cresciuto con i suoi fratelli e le sue sorelle, senza acqua, elettricità e con una lamiera di metallo sulla testa come tetto. Una famiglia che nella povertà ha saputo seminare, coltivare e far maturare una fede semplice che produce grandi frutti e un’infinita fiducia in Dio, proprio come quel piccolo granello di senape di cui parla il Vangelo. È stato per me un’esperienza forte e una grande testimonianza di  fede. Ogni giorno è un dono prezioso poter condividere le fatiche e le fragilità, ma anche la ricchezza della semplicità di questi giovani che condividono con me il cammino e insieme mettiamo con fiducia le nostre vite nelle mani del Signore.


Accompagnato da Paulin ho vissuto l’esperienza al grande mercato di Cotonou con i suoi colori, i suoi profumi, le sue regole, le sue lingue. Non si compra niente senza discutere, trattare e dibattere  Non si porta a casa niente senza creare una relazione e instaurare un confronto diretto, sicuramente anche questo è scuola di vita. Come potete immaginare il tempo scorre, le esperienze e le occasioni per imparare e scoprire non mancano ed eccoci siamo arrivati a maggio. Già si inizia a intravedere l’avvicinarsi della fine di questa mia esperienza, ma sicuramente tanti doni  avrò ancora da scoprire e da vivere.

Per ora vi saluto con un abbraccio forte forte a tutti.

Un ricordo reciproco nella preghiera. 

Anselmo

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