Gli effetti del cambinamento climatico globale si ripercuotono in Sud Sudan, nella regione di Jonglei, dove le piogge non si fermano, e la savana si è trasformata in un’infinita palude. La popolazione però non riesce più a seminare il miglio e a sfamarsi.

Da quasi due anni la regione del Jonglei, a est del Sud Sudan, è sommersa dall’acqua. Le forti piogge si succedono, al punto che la stagione secca dura ormai solo poche settimane, e la terra non riesce più ad assorbire l’acqua caduta.

Secondo i meteorologi, la causa è da attribuire all’Indian Ocean Dipole, uno dei nuovi fenomeni del cambiamento climatico globale. È un’oscillazione della temperatura dell’acqua di superficie dell’Oceano Indiano occidentale, che bagna la costa africana: un momento è fredda, e dopo poco tempo diventa calda, e così provoca dei forti monsoni che colpiscono l’Africa orientale, e in particolare questa regione pianeggiante del Sud Sudan, coperta da fertile savane.

Il Jonglei è uno dei 12 Stati della nazione più giovane dell’Africa, ed è popolato da 1,2 milioni di abitanti, in prevalenza di etnia dinka. La gente da secoli alleva bovini e ovini, e coltiva il sorgo, componente principale dell’alimentazione.

Le bizze del clima si sono aggiunte alla guerra civile che dilania da un decennio il Sud Sudan. La popolazione già stremata dal conflitto, ora vive una carestia provocata non da una delle siccità a cui siamo abituati associare queste regioni dell’Africa, ma paradossalmente all’esagerata abbondanza di acqua.

Il suolo è troppo umido, i campi coltivati sono costantemente coperti da un velo d’acqua, e per il secondo anno consecutivo sarà impossibile seminare il sorgo. La popolazione affamata è obbligata a consumare le riserve conservate per la semina, e i granai sono miseramente vuoti. La fame si annuncia per i prossimi anni, e gli orgogliosi dinka dovranno piegarsi a chiedere delle terre coltivabili ai rivali nuer, e ad accettare il mais del Programma Alimentare Mondiale.

Racconta il quotidiano inglese The Guardian che, giunti alla disperazione, i contadini si sono ridotti a mangiare i fiori e le radici delle ninfee, che hanno invaso l’enorme palude in cui si è trasformato il territorio. Raccolti e fatti seccare, non hanno un aspetto invitante, ma almeno sono commestibili e servono a calmare la fame.

P. Marco Prada