Arriva soeur Lucienne e mi dice: “ma non ti disturba tutto questo schiamazzo, queste grida,  queste urla, è tutto il pomeriggio che stanno facendo baccano con i loro canti e musica a tutto volume”.

Sono i nostri ragazzi che da alcune settimane stanno preparando le scenette natalizie, e poi, adesso, anche la loro festa del 27 dicembre nel salone accanto alla missione. “No, non mi disturbano, è la loro festa, la nostra festa, e poi è Natale, il tempo di Dio, cioè il nostro tempo, i tempi di Dio.

Già! Il tempo di Dio. Noi preti utillizziamo una parolaccia: kairos…sembra il nome di una divinità maya, o forse atzecha, o il nome di un feticcio kotokoli…no, no, no…è una parola biblica per signifiare il tempo di Dio o i tempi di Dio.

E allora vado a vedere cosa sono questi tempi. I testi liturgici natalizi parlano della “pienezza dei tempi”, il momento in cui Dio opera nella storia…la pienezza dei tempi, cioè il momento in cui è avventa la nascita di Gesù, chissà che roba, che splendori…questi tempi di Dio….

Un paesetto piccolo, insignificante, Betlemme: il luogo della nascita, e il posto? Una stalla!. Giuseppe, il padre putativo, della stirpe di Davide, d’accordo, ma una persona sconosciuta, con un lavoro modesto; la madre, Maria, una ragazzetta di una quindicina d’anni, già sposata, ma solo quasi,,,non ancora sposata completamente…non sono ancora insieme….e diventa la Madre di Dio….lasciamo stare il contesto politico e sociale: dei grandi che opprimono, un popolo lacerato da divisini interne, che soffre….

Ecco i tempi di Dio i tempi e il modo in cui Dio agisce, opera e attua i suoi piani.

Sono i nostri tempi, i tempi che viviamo noi, in Italia, in Angola, in Mali, in Niger, in Centrafrica, in Costa d’Avorio, e qui a Kolowaré.

Ecco allora la piccola Martine Sihou, doveva essere battezzata a Natale. Se ne è andata un paio di settimane fa. Sono stato nel suo casolare, lassù sulla collina,  in mezzo ai boschi.

Ci siamo ritrovati nel cortile sotto gli alberi. Abbiamo posto un tavolino in mezzo al cortile, deposto una statuetta della Madonna, con due ceri accanto. Preghiamo, con le lacrime che sgorgano dagli occhi, e deponiamo la piccola Martine nelle mani di Dio, e tutti insieme, imploriamo conforto e la pace del cuore per i genitori, ricordando che là dove c’è una croce, Maria è presente,

Un paio i giorni fa, alle 7, arriva papà Bissaro, è sconvolto: “Di notte, improvvisamente, il corpo è diventato caldo, caldo, l’abbiamo portata al dispensario, niente da fare, ci hanno detto di andare subito all’ospedale di Sokodé; è deceduta per strada”. Parla  di sua figlia Jeanne di 8 anni. Anche lei se ne è andata, senza sapere troppo perché e come “Padre cosa dobbiamo fare, vieni da noi per la preghiera?”. “Jeanne è battezzata, dobbiamo fare il funerale in chiesa e non una semplice preghiera in famiglia”, rispondo.

Alle 9 vengono a chiamarmi, e il corteo arriva in chiesa. Anche lei nella bara comune della comunità. Ricordiamo i segni del suo battesimo: la luce con la candela accesa dal cero pasquale  e l’abito bianco. Le parole sono poche e  sobrie. Davanti ad un grande dolore c’è solo silenzio e condivisione. Mentre il corteo si avvia al cimitero si sentono grida, pianti, lamenti. Non dimentichiamo: la bambina ha otto anni. Al cimitero la salma sarà tolta e deposta nella terra avvolta in un drappo bianco.

Sono questi i nostri tempi, i tempi che viviamo, i tempi in cui il Signore si fa presente.

Stiamo preparando i battesimi dei bambini. Quasi ogni giorno arriva una mamma o un papà per dare il nome del figlio per il battesimo. Per ognuno facciamo prima  una scheda, poi, al giorno del battesimo, verrà consegnato un certificato con tutti i dati.

Per non sbagliare chiedo di portare l’atto di nascita del figlio. Ho davanti a me Juliane, con il suo bimbo nato agli inizi di dicembre, e leggo: nome del padre: LOOMNA Joseph. Le chiedo: “ma non è il nome di tuo papà? ” Risponde: “sì, è il nome di mio papà, ho messo questo nome perché il padre del bambino non lo ha riconosciuto e non voglio mettere nell’atto di nacita e dare a mio figlio il nome di uno che non lo riconsce suo figlio”. La ascolto, racconta la sua storia, intrisa da una grande sofferenza. Prima di partire mi chiede di benedirla, lei e il bimbo.

Arriva poi Djaki Céline, non ancora battezzata, anche se ha terminato il catecumenato, così pure suo marito, catecumeno. E spiega: “mio marito ha appena preso una seconda moglie e adesso tutto è diventato più complicato, per me e per lui”.

Davanti allo scorrere di questa nostra vita, con le sue ferite, i suoi pesi, penso ad una scena del film Roublev. Mentre sullo schermo scorrono le immagini della Passione, nella colonna sonora Roublev pronuncia parole che racchiudono il senso dell’intero film. Eccone alcune: il male è dappertutto…e la sventura si accanisce sempre verso la povera gente…e la gente lavora e lavora e lavora…e poi porta la sua croce con rassegnazione, senza ribellarsi, senza cercare di difendersi…si accontenta di pregare il Signore perché le dia la forza…e poi il tocco finale: Uno si sente stanco, scoraggiato, capisce che sta per crollare, e inaspettatamente il suo sguardo si incrocia con un altro sguardo umano. Ed è come se avesse fatto la comunione…si sente rinfrancato, è come se gli vessero tolto un peso di dosso (Da Civiltà Cattolica, 4064, ottobre, novembre 2019. 143).

A Natale lo sguardo di Dio incrocia i nostri sguardi per condividere e portare con noi i pesi della nostra vita. Al suo sguardo affidiamo anche il nostro fratello Gigi perché lo accompagni e lo sostenga nel suo cammino verso la luce.

P. Silvano Galli
Kolowaré, Togo