A Mahamadou Issoufou, il presidente del Niger, piacciono i simboli. Tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, poco prima della fine del suo secondo mandato, vuole inaugurare il ponte General Seyni-Kountché, il terzo sul fiume Niger a Niamey. E siccome nell’aprile 2017 ha annunciato che non cambierà la costituzione per candidarsi a un terzo mandato, questo ponte può permettergli di passare la mano al successore in modo pacifico – un fatto rarissimo in questo paese che ha avuto quattro colpi di stato dopo indipendenza. Vincerà la scommessa?

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Il Niger è oggi stretto nella morsa dei jihadisti di Boko Haram nel sud-est e di quelli dell’Isis e di al-Qaeda nel nord-ovest. Il 4 ottobre 2017, quattro soldati americani sono stati uccisi in un’imboscata, non lontano dal confine con il Mali. Ma il Niger non è il Mali.

“In Niger, la costruzione dello stato indipendente non si è appoggiata su una base etnica maggioritaria come in Mali, dove il forte nazionalismo bambara continua a permeare la vita politica. Le identità etniche appaiono oggi molto meno polarizzate in Niger che in Mali”, scrivevano i ricercatori Yvan Guichaoua e Mathieu Pellerin sul quotidiano francese Le Monde.

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Un’altra sfida, il contraccolpo del disastro di Fukushima, avvenuto l’11 marzo 2011, la vigilia dell’elezione di Mahamadou Issoufou al primo mandato!

Dopo lo tsunami giapponese, quasi tutti i paesi hanno congelato i loro programmi nucleari, e il corso mondiale dell’uranio, primo prodotto di esportazione del Niger, è in caduta libera. Spesa pubblica in diminuzione, tasse in aumento… La gente scende spesso per le strade. Ma il leader dell’opposizione, Hama Amadou, è in esilio in Francia, ed emerge lentamente da un silenzio durato due anni. È allora la società civile che prende il testimone. Il potere dà segni di nervosismo: rinvia alle calende greche le elezioni comunali e regionali, attese dal maggio 2016.

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Il socialista Mahamadou Issoufou ama citare questa frase di Lenin: “Tra i principi e la realtà, dobbiamo scegliere la realtà, a condizione di non inginocchiarsi davanti ad essa”.

In nome di questa efficienza, il regime cerca di affrontare la più grande sfida che il paese deve affrontare all’inizio di questo secolo: la sua demografia fuori controllo: “Al ritmo attuale, la nostra popolazione raddoppierà ogni diciotto anni. Non è gestibile. Il nostro obiettivo è di ridurre il tasso di crescita demografico dal 3,9% al 3% annuo”, ha afferma il capo di stato nigeriano, che vuole mettere fine ai matrimoni precoci delle ragazze, rendendo la scuola obbligatoria per tutti fino a 16 anni.

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Uno dei punti di forza del regime di Issoufou è il suo appeal internazionale. Nell’ottobre 2013, fu per mezzo di Niamey che i servizi segreti francesi negoziarono la liberazione dei quattro ostaggi detenuti nel nord del Mali dal settembre 2010. Oggi, è a Niamey che francesi e americani installano i loro droni anti-jihadisti. Nel dicembre 2017, durante la “Conferenza della rinascita” di Parigi (la presentazione del piano quinquennale di sviluppo a una serie di finanziatori istituzionali e privati), il Niger ha raccolto i dividendi di questa politica, rastrellando 23 miliardi di dollari in promesse di finanziamento. Saranno mantenute? Lo stato nigeriano è fragile, ma è un polo di stabilità che non ha prezzo.

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Christophe Boisbouvier, in : Jeune Afrique n. 2980, del 24/2/2018

Alcune cifre del Niger (2017):

  • 15%: la quota del bilancio statale destinata alla difesa nazionale
  • 10%: la quota del bilancio statale destinata all’educazione (ma era stato promesso il 25%)
  • meno di 1%: la quota del bilancio statale destinata alla giustizia (eppure era stato promesso un forte aumento, per la lotta contro la corruzione)
  • 50%: la parte del deficit di bilancio dovuto alla crisi alimentare (siccità) e alla lotta al terrorismo
  • 68,9%: popolazione di meno di 25 anni

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