Sin della mia nascita sono stata cullata, accompagnata, nutrita di racconti. Racconti tradizionali somali, mediorientali e occidentali. E racconti rivoluzionari sulla costruzione di una Somalia moderna senza staccarla dalla sua tradizione nomade transumante. (Il mio primo libro)

Kaha Mohamed Aden
La scrittrice Kaha Mohamed Aden (1966, Mogadiscio – 2023, Pavia), a vent’anni lascia la Somalia – ormai sull’orlo della guerra civile – per venire in Italia, seguita dal padre Mohamed Aden Sheikh, medico, noto ed influente.
Arrivata in Italia ricostruisce la sua vita a Pavia, laureandosi in Economia e coltivando la passione per la scrittura e il teatro. Ha svolto varie attività nel settore della mediazione culturale occupandosi di temi come l’immigrazione e l’intercultura.
Nel dicembre 2002 viene insignita del premio San Siro del Comune di Pavia per la sua attività nel campo della mediazione interculturale.
Ha scritto per diverse riviste tra cui: Nuovi Argomenti, Psiche, Incontri, Rivista Europea di Studi Italiani. Ha realizzato la performance La Quarta Via,(2004), da cui è stato tratto l’omonimo documentario.
Nel 2010 ha pubblicato Fra-intendimenti (Nottetempo), il suo libro più noto. Ha collaborato con la rivista Africa e Mediterraneo, in cui ha pubblicato Nabad iyo Caano. Pace e Latte (2014), Cambio d’abito (2017), e Un felice goffo volo dallo Yaya Centre (2020). Nel 2019 esce il romanzo Dalmar. La disfavola degli elefanti (Unicopli) e nel marzo dello stesso anno è invitata dall’Università di Stoccarda a tenere un seminario dal titolo Migrazione e letteratura.
Kaha Mohamed Aden è mancata il 12 dicembre 2023 a Pavia, dove risiedeva.
Per ricordarla, riportiamo alcuni brani dal suo articolo Un felice goffo volo dallo Yaya Centre (pp. 87-91).
Qui Kaha ci guida nelle complesse maglie del clanismo somalo con uno sguardo allo stesso tempo accurato, nel ripercorrere la storia politica del paese, e personalissimo, nel ricordare il padre, Mohamed Aden Sheikh.
Tutto è cominciato nel 2017, quando in Kenya, allo Yaya Centre di Nairobi, un giovane somalo ha pronunciato il titolo di uno dei due libri scritti da mio padre : Arrivederci a Mogadiscio! Non me l’aspettavo! Dopo una presentazione il ragazzo, così a bruciapelo, ha pronunciato il titolo, lì allo Yaya Centre, un centro commerciale in cui i Somali presenti a Nairobi vanno a fare le loro chiacchere. Ci si presenta, ci si rincontra, ci si guarda e ci si fa guardare, senza darlo a vedere naturalmente. Allo Yaya Centre, ci si va anche per scambiarsi le ultime novità, per raccogliere informazioni sulla Somalia, oppure per aggiornarsi sugli affari al momento più appetibili. Si tengono attegiamenti più o meno somiglianti a quelli che i Somali tenevano sin dalla loro antichità, trasformando lo Yaya Centre, un urbanissimo centro commerciale, in uno dei pozzi intorno al quale i nomadi si radunavano in piccoli gruppi omogenei per età, o magari per clan, mentre ognuno aspettava il turno per abbeverare i propri cammelli e scambiarsi notizie sui migliori pascoli o su poesie fresche (…)
L’etichetta del lessico clanico vuole che appena ci si trovi in un gruppo omogeneo ci si diverta a giocare alle differenze e magari esaltarle. Non si dovrebbe mettere nessuno all’angolo, ne andrebbe del prestigio del gruppo maggioritario. L’attuale clanismo è solo un semplice modo per “sgovernare” i Somali e il loro territorio, dato che è fine a se stesso e ha buttato nell’immondizia la cultura, le regole con cui i clan tradizionalmente si autogovernavano e si prendevano cura delle persone e dell’ambiente. Sì, pensandoci bene, mi farebbe piacere che il ragazzo sapesse quanto era innovativo il programma Ba’ad Elin degli anni Settanta contro la desertificazione della nostra savana.
Nel ricordare la sua scrittura, Itala Vivan su Nigrizia, nel marzo 2024, scriveva : “Il suo discorso narrativo ha lasciato il segno”.
A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca africana Borghero