Quando parla, Isabel non lascia mai indifferenti. Come quando racconta la sua esperienza con i rifugiati e richiedenti asilo della bassa padovana, dove ha compiuto miracoli, insieme al nostro p. Lorenzo Snider.

Chi è Isabel Nsoh Bih? “Sono un’immigrata africana, del Camerun. Nel 1996 sono venuta a Roma. Lavoravo come giornalista e mi avevano mandato per seguire una Conferenza della FAO. Ne ho approfittare per andare a Padova, a salutare dei camerunesi amici che frequentavano l’Università. A causa di uno di loro sono rimasta in Italia: era studente in medicina, ci siamo innamorati e mi ha convinto a vivere in questo bel paese.”

E continua il suo racconto: “Siamo andati ad abitare nella bassa padovana, nel paesino di San Siro di Bagnoli. Una località che è diventata famosa qualche anno fa, quando è esplosa l’emergenza migranti. Qui c’è una base militare dismessa, che è stata usata per ospitare diverse migliaia di richiedenti asilo e rifugiati, arrivati in Italia coi barconi.”

A San Siro è parroco don Remo, che trova in Isabel il suo braccio destro. Quando scoppia l’emergenza migranti, le telefona: “Isabel, questo è un problema serio! Mi devi dare una mano”. Preparano dei volantini in inglese e francese per invitare i migranti africani cristiani a frequentare la messa della parrocchia. Un modo per avvicinare la comunità italiana e quella africana. Comincia così un po’ di catechismo, di preghiera spontanea e soprattutto un bel coro. La diocesi, su insistenza di don Remo, nomina un cappellano del campo-profughi: il nostro p. Lorenzo Snider. “La persona giusta nel momento giusto!” commenta Isabel.

I due intuiscono che il coro può diventare un grimaldello per aprire le porte delle comunità cristiane e i cuori dei fedeli italiani. Il coro si rivolge alle parrocchie, prima quelle vicine e poi quelle più lontane, e propone di fare l’animazione liturgica della messa domenicale. All’inizio eravamo accolti con molta diffidenza– spiega Isabel. “Ma poi non appena cominciavamo a cantare, con i nostri ritmi, con la nostra gioia, allora la tensione si scioglieva. La diffidenza lasciava il posto alla sorpresa. Molti partecipavano ritmando con le mani assieme a noi, e lanciandoci sorrisi e applausi. Dopo la messa venivano a complimentarci, a dirci che quella celebrazione aveva cambiato il loro modo di considerare gli immigrati.”

Ma l’iniziativa più bella, ricorda Isabel, è stata “Aggiungi un posto a tavola”. È nata dopo la marcia della pace del 1° gennaio 2018 ad Agna, uno dei paesini vicini ai campi migranti. Ascoltiamo il suo racconto: Durante quella marcia abbiamo cantato tutti insieme: noi i canti italiani, e gli italiani i nostri canti africani. È stata un’esperienza bellissima, e alla fine, prima di lasciarci, la gente chiedeva: come fare per continuare a incontrarci? Una signora allora ha detto a p. Lorenzo: Perché una domenica non porti a casa mia per pranzo qualcuno di questi ragazzi?”

La cosa è piaciuta, e tanti si sono prenotati per invitare a casa propria qualche migrante africano. La domenica mattina andavano a prenderli al campo di Cona, e stavano insieme tutta la giornata. Per più di un anno questa bella iniziativa è continuata.

Ancora Isabel: “Poi è arrivato il lockdown, e abbiamo dovuto sospenderla. Ma la gente mi telefona, vuole che riprendiamo, ha voglia di invitare ancora questi ragazzi. Sono 120 famiglie italiane coinvolte, e il mangiare attorno alla stessa tavola ha cambiato davvero il cuore di tanta gente. Sono nate molte amicizie tra italiani e africani. Grazie a queste amicizie, molti migranti hanno trovato lavoro, si sono sistemati.”

Cosa ti sostiene in tutto questo che fai per i migranti, le chiedo. E lei risponde: Dio mi ha chiamata, mi ha scelta, e mi ha dato la forza per dedicarmi a questa opera. È la mia missione, come voi missionari avete la vostra. Senza il sostegno del Signore non avrei potuto fare niente. Fidatevi di Dio, lasciategli fare nella vostra vita, non sarete delusi, troverete la gioia, la gioia vera!”

P. Marco Prada

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