Una scena resta impressa per sempre nella memoria di chi ha partecipato a un incontro con Grégoire Ahongbonon: con fare distratto lui si china su una borsa posata ai suoi piedi, e ne estrae un oggetto che lo spettatore ci mette un po’a focalizzare. Non è qualcosa a cui si è abituati: una vecchia catena, arrugginita e pesante. E Grégoire spiega: “Con questa catena un uomo è stato legato a un albero per sette anni, giorno e notte, sotto il sole e sotto la pioggia. Imprigionato da questa catena ha preso i suoi miseri pasti, ha fatto i suoi bisogni naturali, ha dormito e ha vegliato, costantemente sotto gli occhi di tutti, guardato da lontano con timore e ribrezzo”.

La catena, il simbolo di una vita donata per i malati di mente

Questa catena è il simbolo della vita di Grégoire, una vita intera dedicata ai malati di mente, incatenati e bastonati nei remoti villaggi africani, perché ritenuti posseduti da spiriti malefici, entrati nel loro corpo e nella loro mente come punizione, per aver tramato il male contro il prossimo, per essersi dedicati alla magia nera, per aver evocato demoni.

Grégoire è nato nel 1953 in Benin, a pochi km dalla capitale Porto Novo. Vive l’effervescenza dell’indipendenza del paese dai coloni francesi, e sogna di diventare ricco. Ma il suo paese, scosso da continui colpi di stato, sprofonda nella povertà. Allora, come molti altri connazionali prende la via dell’emigrazione, e si installa in Costa d’Avorio, nella grande città di Bouaké. Qui, a 19 anni, deve fare la gavetta. Comincia come riparatore di pneumatici, e investe i guadagni nell’acquisto di un vecchio pulmino taxi, e poi in un grande garage di riparazioni auto. A poco a poco trova la ricchezza, ma è una ricchezza amara: da una parte l’invidia degli ivoriani, e dall’altra l’alcool, le spese inutili, le donne.

Così si ritrova più povero di quando era partito. E il cammino verso la depressione è rapido. Lo salva un missionario francese, p. Joseph. Lo convince a seguirlo in un pellegrinaggio in Terra Santa, e lì gli mostra le pietre con cui è stata costruita la Basilica del Santo Sepolcro: “Quale è la tua pietra per la costruzione della Chiesa?”, gli chiede.

Gesù si identifica con i malati

Comincia una nuova vita per Grégoire. Ritornato a Bouaké fonda un gruppo di preghiera, che chiama, senza neppure sapere troppo il perché, “Associazione San Camillo de Lellis”. Di giorno, insieme alla fedele sposa Léontine, si guadagna da vivere, e di sera con i suoi amici visita i detenuti della prigione e i malati dell’ospedale.

“È lì che ho capito che Gesù si era identificato con i malati. Io lo cercavo nelle chiese. Lui era lì, di fronte a me, e si lasciava scoprire da me. Nei malati io vedevo Gesù che continuava la sua Via Crucis qui sulla terra”.

Nel 1990 un’altra esperienza che marcherà per sempre la sua vita. A Bouaké si imbatte in un uomo che fruga nell’immondizia abbandonata ai lati della strada: “L’avevo già visto altre volte, ma è la prima volta che l’ho guardato”. Quel vagabondo era un malato di mente.

A partire da quell’incontro ogni sera, insieme alla moglie e a qualche compagno coraggioso come lui, percorrono la città alla ricerca dei malati di mente, “questi uomini trattati come rifiuti umani”.

Nel 1994 è lui a compiere una pazzia: trasforma la sua casa in centro di accoglienza per questi matti che vivono per le strade di Bouaké. Intuisce che queste persone hanno bisogno di una sola medicina per guarire: essere trattati come essere umani.

Ma a Dio ciò non bastava, gli chiedeva qualcosa di più. Un giorno riceve la visita di una donna: “Mio fratello ha la stessa malattia. Ma non è qui in città, è al villaggio”. Grégoire la segue, e scopre finalmente quale sarà la sua pietra per la costruzione della Chiesa di Gesù Cristo.

“Arrivati alla casa di questa donna, uno spettacolo inimmaginabile ci si presenta. Un uomo prostrato a terra, forzato a rimanere a terra per mezzo di catene attaccate ai suoi membri. Davanti a me vedo Gesù in croce. Tenta di liberarlo, ma le catene gli erano entrate nella carne. Grégoire rimprovera la famiglia del malato, esige che lo si liberi. Fa venire un fabbro e un infermiere, e lentamente le catene si sciolgono. E quel pazzo gli parla: “Come potrò ringraziarti? Pensi che potrò guarire?”

Quell’uomo gli dice il suo nome: “Mi chiamo Kouakou”. Accetta di seguirlo a Bouaké, a casa sua. Ma ci resta solo qualche giorno, perché l’infezione provocata dalle catene era già in stato avanzato. “Almeno è morto con dignità”, ricorda Grégoire.

Gli incatenati dei villaggi dell’Africa

Questo episodio gli svela un fenomeno terrificante ma abituale nei villaggi dell’Africa: l’incatenamento dei malati mentali, e spesso anche degli epilettici. “Queste catene sono la vergogna dell’umanità. Quando qualcuno è incatenato, è l’umanità tutt’intera che è incatenata”. Grégoire si fissa questa idea nella mente, e non si stancherà di ripeterla ovunque andrà, di villaggio in villaggio, per liberare i malati di mente, e portarli nei centri di accoglienza che via via apre in varie località della Costa d’Avorio, ma anche del Togo, del Burkina Faso, Benin, aiutato e sostenuto da centinaia di volontari e ammiratori.

“I malati mentali sono i lebbrosi dei tempi moderni. Abbiamo paura di loro, li fuggiamo, e spesso li incateniamo come animali. Come se non fossero più esseri umani”. Ma quando vinciamo la paura e il ribrezzo che ci fa un folle incatenato a un albero, quando lo guardiamo negli occhi e scorgiamo il suo bisogno di essere compreso e accettato, noi facciamo rinascere quella persona, gli ridiamo un senso per la vita e risvegliamo in lui le energie del bene. È questa la lezione di Grégoire: liberare il bene che dorme nel cuore di ogni uomo, sciogliere le catene del pregiudizio e della paura, rendere ogni uomo, anche il più disprezzato, una pietra per la costruzione di una convivenza umana fondata sulla fiducia e l’accettazione.

La fama di Grégoire varca i confini dell’Africa Occidentale. Da vari paesi europei e nord-americani giungono psichiatri per studiare il metodo di Grégoire e valutare i risultati che raggiunge. E non mancano i riconoscimenti e i premi internazionali. Ma Grégoire non si monta la testa: lui è e rimarrà sempre un povero gommista, il gommista di Dio.

Un nuovo libro su Grégoire

Su Grégoire l’EMI (Editrice Missionaria Italiana) ha appena pubblicato il libro: Grégoire, quando la fede spezza le catene, scritto da R. Casadei.

Per la presentazione del libro Grégoire sarà in Italia.

Questo il calendario degli incontri con Grégoire, per la presentazione del libro:

  • 2 e 3 maggio – Feltre (BL)
  • 4 maggio, ore 18: Verona, Festival Biblico, Piazza Dante
  • 7 maggio, ore 21: Riva del Garda (TN), Missionari verbiti, via Venezia 47E
  • 9 maggio, ore 20.45 Parrocchia di Legnaro (PD)
  • 10 maggio, ore 15.30: Torino, Salone del Libro – Spazio Internazionale
  • 10 maggio, ore 20.30: Torino, Cottolengo, Cmd, Migrantes, Missionari Consolata
  • 11 maggio, ore 21: Rapallo (GE), Casa della gioventù, via Lamarmora
  • 12 maggio, ore 15: Fraternità di Romena (AR)
  • 13 maggio, ore 18: Udine, Festival vicino/lontano
  • 14 maggio, ore 20.30: Brescia, ore 20.30, Centro Jonas
  • 15 maggio, ore 18: Milano, Casa della psicologia
  • 16 maggio, ore 20.45: Verbania, Teatro Maggiore
  • 17 maggio, ore 20.30: Prato, Gruppo missionario Merano
  • 18 maggio, ore 21: Chianciano (PT), Convegno nazionale Avo
  • 19 maggio, ore 20: Zocca (MO), Insieme si può
  • 20 maggio, ore 18: Varese, Tuttaunaltrafesta on the road, Pime e Kentro
  • 21 maggio, ore 20.30: Forlì, Centro culturale Don Francesco Ricci

Alcuni video su Grégoire:

Gregoire Ahongbonon e padre Lionello Melchiori, ospiti a TGtg di TV2000,  puntata del 17 maggio 2017

Portrait de Gregoire Ahongbonon, figure de la psychiatrie en Afrique

Gregoire e gli ultimi schiavi liberati

– Il “Basaglia africano“,  servizio nel TG di Telefriuli

BBC: Gregoire Ahongbonon: Freeing people chained for being ill