Suor Fokas Mjema: “I nostri giovani sono molto sensibili alla difesa del Creato e al cambiamento climatico La nostra battaglia contro la costruzione di un oleodotto di 1.400 chilometri che passerebbe nel cuore verde del Paese “.

In dieci anni, tra gli altopiani di Lushoto a strapiombo sulle distese Maasai, e la riserva forestale di Amani, molte cose sono cambiate.

Anzitutto il clima: “Adesso, nella stagione invernale fa molto più caldo di un tempo, la produzione di mais e granturco è calata. Perciò io dico: dobbiamo prenderci cura della nostra Casa comune, in Tanzania come nel resto dell’Africa”, così si esprime suor Fokas Mjema, donna pragmatica e appassionata.

Santuario della biodiversità

L’immensa Tanzania racchiude una grande varietà di climi: “Il futuro del pianeta è anche nelle nostre mani – ripete suor Fokas, direttrice della scuola secondaria Saint Catherine –. Vogliamo vivere in armonia, preservare la natura partendo dalle foreste e dalla Laudato si’”.

L’enciclica di papa Bergoglio guida l’Africa verso una rinascita ambientale. “Piantare alberi nel nostro piccolo, educare al rispetto dell’ambiente e apprezzarne la ricchezza è una vera missione”, dice la religiosa.

Suor Fokas, classe 1973, nata in un villaggio del Kilimangiaro, è entrata molto giovane nella Congregazione di Our Lady of Usambara, e ora dirige una scuola secondaria per 600 alunne, insegnando inglese.

Divulgare la Laudato Si’

“Ci piace studiare, vogliamo diventare ingegneri, piloti, insegnanti, medici”: le sue studentesse sognano in grande. Di lotta al climate change (cambiamento climatico) ne sanno ancora poco, ma vivono immerse in uno degli ambienti più significativi del pianeta.

A pochi passi da loro sorge la foresta di Magamba, oasi verde delle Usambara e riserva di 9.283 ettari che tutela parti di foresta pluviale. A differenza di altre zone, letteralmente saccheggiate in favore delle piantagioni di caffè e thè, questa foresta è rimasta più o meno integra.

“Confesso che forse sono l’unica qui nella nostra scuola ad aver letto l’enciclica del Papa, ma il mio desiderio è divulgarla il più possibile”, prosegue la suora. I processi virtuosi, la corsa contro il tempo per fermare la deforestazione, interessano molto i giovani africani, potenziali attivisti salva-Creato.

Un oleodotto poco ecologico

Contrastano invece con la scelta delle multinazionali petrolifere (nello specifico TotalEnergies e la cinese Cnooc), impegnate nella costruzione dell’oleodotto più lungo al mondo: l’East African Crude Oil Pipeline, Eacop. L’infrastruttura transiterà dall’Uganda alla Tanzania, attraversando riserve verdi fino al porto di Tanga sull’Oceano indiano. “Ma bisogna trovare un equilibrio tra sviluppo e tutela del Creato”, insiste suor Fokas.

Piantare alberi di specie autoctone

“Le foreste africane sono i nostri più grandi alleati ed è qui che inizia la lotta ai cambiamenti climatici”, ci raccontano Alloyce Mkongewa, attivista e guida turistica, che insieme a suo fratello Viktor nel 2020 ha fondato la onlus Friends of Amani Nature. Lo scopo è piantare alberi nelle zone dove la natura è stata distrutta, scegliendo solo le piante autoctone. Amani ospita oltre 100 specie di alberi possenti che raggiungono altezze vertiginose, fino a 50 metri; stanno lì da sempre, indiscussi re, circondati da 19 villaggi abitati.

L’importanza di questi luoghi ricchi di biodiversità, preziosi per contrastare l’avanzata del deserto, è ben nota alla Chiesa africana. “Sappiamo che è in corso una crisi ecologica, in gran parte risultato del comportamento umano – hanno scritto i vescovi riuniti a Dar Es dell’Africa orientale –. Gli effetti nefasti del climate change includono: inondazioni, siccità e cicloni. Tutto ciò pone una seria minaccia allo sviluppo socio-economico dei nostri Paesi e alla sostenibilità di chi ci vive”.

Da Avvenire, Ilaria de Bonis