Da diversi anni abbiamo aperto nel nostro Centro Sanitario a Kolowaré, nella regione centrale del Togo, un’antenna per la cura delle persone costrette a convivere con l’HIV. La stragrande maggioranza di queste persone sono giovani donne. Una percentuale molto inferiore, ma per noi già troppo elevata, è costituita da bambini e ragazzi di età compresa tra pochi mesi il più piccolo e 19 anni il più grande.

La situazione di questi ragazzi è spesso difficile. Sono orfani di madre e/o di padre, deceduti per l’AIDS. Se i genitori sono vivi, sono persone malate e già pesantemente in difficoltà, spesso nell’impossibilità di un lavoro continuo. È facile capire che la loro situazione economica è disastrosa. E il bambino immuno-depresso è molto fragile, soggetto a infezioni opportuniste: micosi, diarree, infezioni respiratorie talvolta tubercolosi, dermatosi devastanti.

Deve continuamente venire al Centro per essere seguito dal personale medico. Ma per mancanza di mezzi finanziari, per la lontananza e anche per l’indifferenza dei tutori, raggiungono il Centro ormai stremati dalla diarrea o da tossi implacabili, da febbri squassanti, con perdita di peso drammatica, Ne abbiamo visto morire tanti con questo tipo di quadro clinico. Infezioni che se prese in tempo e ben curate potevano salvar loro la vita.

Con Jean-Marie, l’infermiere incaricato con me dell’antenna HIV, abbiamo riflettuto su questa situazione drammatica che si ripeteva spesso. Lasciandoci coinvolgere, eravamo arrivati a pensare all’ipotesi di tenere i bambini al Centro e crescerli da noi. Molti ci hanno però sconsigliato ed abbiamo optato di lasciarli nelle loro rispettive famiglie, ma di occuparci di loro globalmente, non solo dal punto di vista medico. Abbiamo quindi cominciato a curarli gratuitamente quando arrivano al centro, offrire loro supporto alimentare, il necessario per frequentare la scuola.

Organizziamo delle feste insieme, nell’intento di offrire loro un buon pasto. Durante le vacanze di Natale e Pasqua, e di quelle estive, vengono tutti per il controllo medico. I più fragili rimangono da noi 10-15 giorni. Giorni pieni per Jean Marie e Chantal, la mediatrice psico-sociale, che si occupano di loro. L’ultima volta erano 22: doccia tre volte al giorno, buona alimentazione, giochi, sostegno scolastico. Tutti ripartono con uno o due chili in più!

Attualmente i nostri ragazzi sono 68: 61 del nostro Centro, e 7 di Bassar, una città vicina che ci ha chiesto un aiuto per sostenere i propri bambini più vulnerabili. Da quando abbiamo iniziato a seguirli in questo modo i ragazzi muoiono molto meno. Quest’anno ne abbiamo persi due, ma altri nuovi si sono aggiunti, e per il momento sono tutti in buone condizioni.

La Provvidenza ci ha sostenuto, non ci ha mai lasciato senza mezzi per aiutarli, sostenere le cure, offrire i kit alimentari, offrire il trasporto, in poche parole: dare loro condizioni di vita migliori. La Provvidenza ha preso il volto di due associazioni, una italiana della diocesi di Genova, e una tedesca: esse lottano con noi per dar vita e salute a questi bimbi.

Suor Etta Profumo
Suora di Nostra Signora degli Apostoli
Kolowaré, Togo