In biblioteca c’è un librino acquistato da poco che forse, fino a qualche settimana fa, non mi avrebbe colpito così tanto, ma con Rwanda, i giorni dell’oblio (RoundRobin editrice, 2021), una graphic novel realizzato dalla giornalista Martina Di Pirro e dalla sceneggiatrice Francesca Ferrara, entriamo nel cuore dell’orrore della guerra .

Le tavole a fumetti – la colorazione delle tavole è di Stefano Orsetti – ci riportano agli orrori di quei 104 giorni, dal 6 aprile al 4 luglio 1994, in cui quasi un intero popolo venne sterminato.

Una tragedia le cui responsabilità pesano anche sul mondo occidentale, incapace di mettere fine alle violenze e di far luce sulla vicenda.

Questo libro ne racconta la storia.

“In un café parigino Marie, sopravvissuta al genocidio dei Tutsi in Rwanda, incontra Jean, ex soldato dell’Esercito francese che le salvò la vita.

Sono passati quasi trent’anni da quel 7 aprile 1994, quando follia, crudeltà e violenza esplodono dentro i confini del Rwanda.

Alla fine si conteranno oltre un milione di morti, settantacinquemila bambini rimasti orfani, centinaia di migliaia di stupri che faranno precipitare donne innocenti nell’incubo dell’Aids. La sopraffazione e la paura daranno vita a un esodo senza precedenti, con due milioni di profughi nei paesi limitrofi.

Il racconto di un genocidio tra i più sanguinosi e cruenti della storia del Novecento, che mette i governi occidentali di fronte alla responsabilità del loro silenzio durato 104 giorni: i giorni dell’oblio.”

“È arrivato il momento!”- urla l’altoparlante della stazione Radio Télévision Libre des Mille Collines (RTML) il 6 aprile del 1994, “tagliate gli alberi alti. Schiacciate quegli scarafaggi”.

È l’inizio della carneficina che causerà 1.074.017 morti. 10.000 morti al giorno, 400 ogni ora, 7 al minuto. Le donne vittime di violenza sessuale durante il genocidio sono state circa 250.000, e le sopravvissute per il 70% dei casi hanno contratto l’AIDS. Tutto questo ha dato il via ad uno dei più grandi esodi di profughi della storia: 2.000.000 di rwandesi hanno cercato rifugio nei Paesi confinanti.

Le Nazioni Unite furono “colpevolmente incapaci” di fermare le violenze e gli USA posero il veto sull’uso del termine “genocidio” bloccando così i rinforzi al contingente dei Caschi Blu.

Di quegli anni, i media e i politici occidentali ne hanno conservati pochi ricordi. Molti responsabili dell’Occidente (e non) sono ancora a piede libero e nessuna agenda politica di nessun Paese chiede di trovare verità a quel male”.

“Solo un pazzo può volere la guerra” (Gino Strada)

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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero