Padre Robin Kamemba è stato nominato primo Superiore Provinciale della neonata Provincia keniota della SMA. Di seguito ricorda il suo percorso di fede e il lavoro in Africa, sottolineando come la missione sia oggi più rilevante che mai

Padre Robin Kamemba – SMA Kenya

Padre Robin Kamemba si accomoda con un sorriso pensieroso. “Si potrebbe dire che ho collezionato qualche timbro sul mio passaporto”, confida, con gli occhi che si increspano in un accenno di risata.

Questa modesta osservazione, tuttavia, maschera un percorso che è appena culminato in una pietra miliare storica: la sua nomina a primo Superiore Provinciale della neonata Provincia keniota della Società delle Missioni Africane (SMA).

Il suo percorso, iniziato ben prima della sua ordinazione nel 2005, lo ha portato in Benin per l’Anno spirituale internazionale, in Costa d’Avorio per gli studi teologici, prima di prendere forma durante anni cruciali di lavoro missionario in Zambia ed Egitto.

“In Zambia, dove ho contribuito alla formazione dei seminaristi SMA, la Chiesa era vibrante, piena di canti e danze. In Egitto, era molto diverso: più sobrio, radicato nelle antiche tradizioni copte”.

È come ascoltare la stessa splendida melodia eseguita in stili musicali completamente diversi.

Questa immersione nella diversità gli ha rivelato una profonda verità.

“Il sacerdozio è incentrato su Cristo, sul servizio e, soprattutto, sull’essere presenti tra la gente”, insiste. “Il cuore della nostra umanità e la nostra ricerca di Dio trascendono ogni confine”. Forse gli insegnamenti più profondi sono nati dai suoi dieci anni trascorsi in Egitto, che descrive come “una scuola di pazienza, tolleranza e comprensione”.

In questa Repubblica Islamica, ha dovuto affrontare una critica frequente: “Perché siamo gli unici a impegnarci?”. La sua risposta si basa sull’esperienza concreta.

“Ho stretto amicizia con molti musulmani sinceramente impegnati nel dialogo”, testimonia. Definisce con forza le percezioni:

“La maggior parte dei musulmani che ho incontrato conduceva una vita onesta e pacifica… Mi hanno mostrato che condividere un pasto o una risata a volte può essere molto più potente di un dibattito”.

Per Padre Robin, approfondire gli studi islamici è una necessità contemporanea. “Significa imparare un linguaggio del cuore che trascende i confini”. Molti lo descrivono come calmo e accessibile, una qualità che lui attribuisce meno alla sua personalità che alla sua visione della leadership.

“Non vedo la leadership come un potere, ma come un percorso incentrato sul camminare insieme”, spiega. “Non si tratta tanto di comandare o guidare, quanto di ascoltare, incoraggiare e camminare al fianco dei miei fratelli”. Poi, con un tocco di umorismo, aggiunge: “E una buona tazza di tè keniota è sempre gradita!”

Riguardo all’importanza della sua nuova responsabilità, la sua umiltà rimane palpabile.

“Questa è una pietra miliare importante per la SMA in Kenya… È come se ci fossimo allenati per una maratona e avessimo appena tagliato il traguardo, solo per renderci conto che in realtà segna l’inizio di una sfida ancora più entusiasmante”.

Le sue priorità immediate sono pratiche ed essenziali: creare strutture solide in materia di tutela, gestione, finanze, impegno missionario e formazione.

Per i giovani kenioti in cerca di una vocazione, il suo messaggio è chiaro. “La missione è oggi più rilevante che mai“, afferma.

“In un mondo sempre più connesso ma profondamente frammentato, il missionario è un costruttore di ponti”.

Si allontana dal cliché dell'”Indiana Jones” spirituale per enfatizzare una vita di servizio.

“La società ti dice di accumulare ricchezza… La missione offre un altro percorso: un percorso di gioia, di significato e di un amore capace di trasformare la tua vita e quella degli altri.”

Attingendo alla sua esperienza interreligiosa, propone un modello di convivenza.

“Inizia con piccoli gesti: condividere un pasto, celebrare le feste dell’altro… anche un semplice saluto come As-salamu alaykum può aprire porte e cuori in modi inimmaginabili”.

Cosa lo preoccupa di più della Chiesa in Africa? L’autocompiacimento.

Cosa gli dà più speranza? La sua gente.

“La Chiesa africana ha un dono da offrire al mondo: una fede vibrante, una speranza tenace e un profondo senso di comunità”.

Sull’equilibrio tra compassione e fermezza, cita Brené Brown: “La luce è gentile. L’oscurità è crudele“.

Per lui, la vera compassione richiede chiarezza, anche quando è difficile. “Si tratta di essere un pastore che sa usare il bastone per guidare e proteggere il gregge, ma anche portare dolcemente l’agnello smarrito”.

Il suo messaggio finale è audace.

“La tentazione esiste… la tentazione di chiudersi in se stessi. Il mio desiderio è che il Kenya diventi un importante donatore all’interno della SMA”.

La sua visione è ampia.

“Vogliamo sbocciare come un bellissimo fiore, offrendo la sua bellezza e il suo profumo al mondo intero. Attenzione, mondo: la SMA in Kenya è pronta a sbocciare!”

Mentre la conversazione volge al termine, condivide un’ultima richiesta, umile e sorridente, fedele all’uomo dietro il successo storico:

“Considerateci nelle vostre preghiere. E se un giorno mi trovate un po’ meno sereno… offritemi una tazza di tè (con latte)!”

Fonte: SMA international

Traduzione e adattamento a cura di Silvia C. Turrin dell’Articolo curato da Dominic Wabwireh