Era il 17 settembre 2018  quando un evento imprevisto ha sconvolto la vita di p. Gigi e noi ci ritroviamo ancora una volta per pregare per lui. Ogni volta speriamo che sia l’ultima e che la volta successiva potremo ritrovarci per una preghiera di ringraziamento. Perché è questa speranza che ha sostenuto e continua a sostenere la nostra preghiera.

Riandiamo spesso alla mattina nella quale ci è arrivata la notizia. Rapimenti ce n’erano stati, ma chissà perché pensiamo sempre che certi fatti non debbano toccarci. Quante domande: perché? Perché lui? Dove lo avranno portato? Come starà?

È cominciato così un lungo periodo di silenzio, di speranza, di preghiera. Una preghiera che ha coinvolto quanti, in tanti anni e per motivi diversi, sono entrati in contatto con p. Gigi. Un filo rosso, quello della preghiera, che ci lega tra noi e con lui. Perché siamo sicuri che anche lui prega per noi.

Abbiamo conosciuto p. Gigi poco prima che fosse ordinato durante una sua visita a Walter, suo fratello seminarista a Genova. E con lo sguardo e il cuore già in Africa. Un amore che si è sempre percepito nelle sue lettere dalla missione, per questo paese del quale sapeva vedere il bello e anche quello che non andava, che non lo scoraggiava, ma faceva crescere sempre di più il suo desiderio di servire.

Tre anni dopo il suo arrivo, alla vigilia del giuramento perpetuo, ci scriveva da Bondoukou: “Il mio giuramento perpetuo in seno alla comunità SMA è un impegno di fedeltà e di consacrazione alla missione e a questa chiesa d’Africa nel servizio ai poveri… Sono venuto per servire e questo resta l’orizzonte della mia vocazione sacerdotale”.

Oggi la sua missione ha preso un volto nuovo, non è più un missionario attivo (e solo Dio sa quanto lo è stato), ma un missionario contemplativo, in questa particolare clausura. Noi vediamo così, oggi, la missione di p. Gigi, una missione orante, una missione che continua in modo diverso, ma che a sua e nostra insaputa porterà dei frutti.

Per andare in missione, diceva il card. Martini, occorre una motivazione precisa, un riferimento non solo ai problemi di sanità, di ambiente, di giustizia, di sviluppo, ma il riferimento alla non conoscenza di Cristo da parte di molti e alla voglia che Dio, di cui sono innamorato, sia conosciuto! È l’essere innamorati di Dio che fa missionari! È la gioia della perla preziosa che dà la voglia di farla conoscere anche agli altri. E’ la gioia del Vangelo che spinge alla missione.

È questa gioia che ha sempre sostenuto e sospinto p. Gigi, sempre un po’ oltre verso il Niger, questo paese poverissimo. Questa gioia è stata la sua forza anche nei momenti difficili che di certo non sono mancati.

E noi tutti continuiamo a pregare pieni di fiducia perché, anche se non capiamo, sappiamo e crediamo che “Dio fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano”.

Piero e Rosetta Verzura
Padova, 17 marzo 2020