Ezekiel (o come preferiva essere chiamato Es’kia) Mphahlele (Pretoria 1919 – Polokwane 2008), cresciuto nella provincia settentrionale del Limpopo, è stato uno tra i più importanti scrittori sudafricani di lingua inglese.

Vissuto nel pieno del regime razzista dell’apartheid, fu interdetto dall’insegnamento di lingua inglese e afrikaans per le sue posizioni politiche. Tra i molti suoi incarichi, la redazione dell’importante rivista nera sudafricana Drum, fondata a Johannesburg nel 1951.

La rivista mescolava fotoreportage su concerti jazz, incontri di box, concorsi di bellezza e vita notturna al giornalismo di investigazione, relazioni sui processi ai militanti dell’apartheid, articoli di denuncia su prigioni, miniere e condizioni dei lavoratori neri e indiani.

Costretto all’esilio nel 1957, Mphahlele ha poi vissuto a lungo in Nigeria e in Kenya e quindi negli Stati Uniti, in Colorado e a Philadelphia, raggiunto qui dalla moglie Rebecca e dai cinque figli, continuando ad essere un assiduo promotore della lotta contro l’apartheid e collegato ai movimenti pan africanisti.

Solo nel 1978 il rientro in patria come professore universitario.

Scrittore ricco di humour, ha raggiunto la fama con l’autobiografia Down second avenue, pubblicata, non senza difficoltà, dall’editore statunitense Peter Smith, nel 1959. Anni prima, nel 1935, era stato proprio questo stesso editore a pubblicare, prima volta negli Stati Uniti, il lavoro di uno scrittore di origini africane: Prose and poetical writings del poeta afro americano Jupiter Hammon.

Inizialmente il libro di Mphahlele era stato rifiutato dagli editori statunitensi che lo ritenevano troppo “locale” in un mercato che, affermavano, “traboccava di libri sull’Africa”.

Oggi è diventato un libro standard nei programmi scolastici americani.

Mphahlele è considerato il decano della letteratura africana e il padre della scrittura nera sudafricana. Nominato nel 1969 al Premio Nobel, nella sua carriera di scrittore e attivista, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, l’ultimo dal ex presidente Barack Obama.

Down second avenue è un libro fondamentale: descrive dettagliatamente la vita di un adolescente nel Sud Africa segregato, la vita quotidiana, la povertà e la brutale sorveglianza della polizia durante il regime dell’apartheid. Illustra la cultura sudafricana dell’epoca e “funge da teatro nel quale Mphahlele trova conferma della sua identità”.

Bandito in Sud Africa dopo la sua pubblicazione, Down second avenue continua ad ispirare gli attivisti oggi.

Tra le altre opere di Mphahlele, ricordiamo le raccolte di racconti Man must live (1947), The living and the dead (1961); i romanzi The wanderers (1970), Chirundu (1980); i saggi The african image (1962), Voices in the whirlwind (1972) e le antologie Modern african stories (1964) e African writing today (1967), il romanzo Father come home (1984) e l’ultima autobiografia, Afrika my music (1984).

Nessuna delle sue opere è stata tradotta in lingua italiana, tranne un racconto breve che Nadine Gordimer ha inserito nella sua antologia Storie (Feltrinelli, 2005).

La scrittura di Mphahlele è fantasiosa, ritmica, punteggiata da intermezzi di introspezione intensamente personale.

Descrivere la vita in Sud Africa, durante il regime razzista, ha avuto per Mphahlele un duplice significato: “Servire come ispirazione di forza e presentare al mondo gli orrori del apartheid”.

Maria Ludovica Piombino, Biblioteca africana Borghero