di p. Gigi Maccalli

Ho partecipato al Festival della Missione la domenica 2 ottobre e ho incontrato tanta gente. Gli organizzatori mi hanno detto che la partecipazione ai vari eventi proposti dal 29 settembre al 2 ottobre ha toccato la cifra di 30.000 presenze.

La giornata di domenica aveva un plus di ‘calore tropicale’ grazie al sole caldo che imperava in un cielo terso e turchino. Ho partecipato ai due eventi organizzati alle colonne di san Lorenzo (luogo simbolo della movida di Milano) e al successivo in Duomo con la celebrazione presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini.

Tanta la gente per strada e molto attenta quella che si è seduta ad ascoltare dalla viva voce dei testimoni le riflessioni e i messaggi dalle frontiere della missione in Myanmar, in RCA, in Sud Sudan, in Congo e nel Sahel.

Ma al di là dei tempi forti di ascolto e scambio organizzati come ‘tavole rotonde’, il Festival è stato innanzitutto incontrare e far incontrare i missionari e i testimoni provenienti dalle periferie del mondo con la gente.

Ho scambiato strette di mano e abbracci con amici provenienti dalle regioni del sud, centro e nord Italia. Risposto a interviste e ad interrogativi che giovani, donne e adulti mi hanno rivolto. Ho visitato alcuni stands e soprattutto ringraziato i volontari per il grande lavoro che hanno fatto da dietro le quinte.

La presenza di televisioni e giornalisti hanno dato vetrina all’evento, in specie al telegiornale regionale. Inoltre le dirette streaming e il canale youtube hanno permesso al Festival di raggiungere molte più persone e portare a molti la varietà e la vivacità di una chiesa missionaria e di frontiera.

Tanti i temi affrontati e le riflessioni offerte sia come provocazione che proposte a una chiesa italiana che in questa fase sinodale si interroga sulle sfide e sulla crisi di partecipazione giovanile.

 

Lo Spirito è certamente all’opera, ma la ‘chiesa istituzione’ è certamente in ritardo. A conferma di ciò non posso non annotare come nota di demerito la celebrazione della messa in Duomo al sapore di un rito distante dal popolo.

La danza di offertorio, che ha accompagnato i doni al ritmo di una musica e coreografia ispirata all’oriente asiatico, è sembrato un rattoppo su un vestito vecchio.

Dopo l’ultimo kyrie eleison profumato di incenso e la foto di rito davanti all’imponente Duomo con le suore di Nostra Signora degli Apostoli incontrate, io mi sono diretto al treno per il rientro a casa, mentre il popolo del Festival si è incamminato per le strade di Milano per andare a raggiungere il palcoscenico del concerto finale per la Pace.

Festival dice festa, danza e gioia e così si è concluso l’evento che ha avuto il merito di ricordare a tanti giovani che la missione vive per strada e la chiesa vive di missione.

Il reportage dell’incontro con p. Gigi al Festival