Cristiani assassinati nella missione di p. Pier Luigi Maccalli. Lo riporta da Niamey p. Mauro Armanino.

Il fatto è accaduto martedì 14 gennaio scorso in un villaggio non lontano da Bomoanga che, da oltre un anno ha assistito impotente al rapimento di Padre Pierluigi Maccalli. Andati per un regolamento di conti con l’infermiere capo che opera in un dispensario della zona, hanno preso, portato poco lontano dalla sua casa e decapitano il nipote, battezzato da bambino.

Le reiterate minacce alle comunità cristiane presenti nella zona frontaliera col Burkina Faso hanno raggiunto lo scopo che si prefiggevano. Decapitare le comunità e farne poi preda della paura di professare la fede nella preghiera della domenica nelle cappelle. A Bomoanga la gente non va più in chiesa la domenica. La ‘basilica’, come lui soleva chiamarla, concepita, edificata e da lui inaugurata, è adesso desertata, così come la scuola, attaccata non troppo tempo addietro.

Durante l’incontro di formazione coi catechisti e gli animatori delle zona Gourmanché, frontaliera col Burkina Faso, organizzato recentemente a Niamey, è emerso lo sconcerto, la sofferenza, il timore ma soprattutto la loro consapevolezza. Anche laddove esistono persecuzioni, prove e tensioni, è possibile tradurre la fede altrimenti camminando piste pastorali non battute. Ad esempio una maggiore valorizzazione dei laci e del loro apporto, una più grande flessibilità per quanto riguarda i luoghi e i tempi delle celebrazioni e della vita della comunità.

Non è così dappertutto. A Makalondi, Kankani e Torodi, nella stessa zona, le celebrazioni, seppur con prudenza, continuano come sempre malgrado i preti non siano residenti sul posto. Più complicata la realtà nelle zone rurali che, essendo di difficile accesso, permettono alle ai gruppi armati di agire indisturbati. Potranno tagliare gli alberi ma non le radici della croce. Il terzo giorno c’è una risurrezione.

P. Mauro Armanino, Niamey, 22 gennaio 2020

Foto: le cresime nella Chiesa di Bomoanga, 9 giugno 2018