P. Mauro Armanino, dal Niger, ci racconta la storia di Edwin, che dalla Liberia sperava di migrare altrove, ma ha trovato la morte tra la sabbia e il vento del Sahel.

Questo sembra essere il significato del suo nome, Edwin, migrante liberiano sepolto nel cimitero cristiano di Niamey sotto il sole.

In inglese antico, ‘Figlio della Ricchezza’ o della Prosperità. Morto nell’ospedale universitario della capitale dopo che Medici Senza Frontiere prima e l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni poi, si occupassero della sua malattia. Troppo tardi. A 32 anni Edwin ha terminato un viaggio… La famiglia, informata dell’accaduto, ha chiesto di poter vedere per foto il suo volto e il video della sepoltura.

Edwin era in Algeria e, certamente espulso e deportato, ha raggiunto Assamaka, la prima città nigerina passata la frontiera desertica dell’Algeria. Malato, è stato condotto ad Arlit, definita molti anni fa “piccola Parigi”, poi ad Agadez e, viste le peggiorate condizioni di salute, all’ospedale di Zinder, prima capitale del Niger. Da lì, il vano tentativo di tenerlo in vita nell’ospedale universitario di Niamey. La prima migrazione di Edwin si è fermata tra la sabbia e il vento del Sahel, per poi continuare con una nuova “migrazione”, quella più impegnativa di tutte, giacché non si trova in nessuna carta geografica.

Edwin è ‘Figlio della Ricchezza’, secondo l’etimologia classica del nome. Figlio dunque come non mai quando, durante la sepoltura, il corpo è stato offerto per l’ultimo segno di rispetto, la pulizia, prima di essere posto nel feretro di legno. Edwin, figlio generato da una madre che non c’era e da un padre troppo lontano per accompagnarlo alla soglia dell’ultima migrazione. Edwin figlio, come un’identità che niente e nessuno potrà cancellare, mutilare o rimuovere dal volto che ci rende vulnerabili agli occhi degli altri. Non c’è nulla di più bello che la riconoscenza del legame dell’ origine.

Solo la dimenticanza di questa primigenia e fondante appartenenza comune può condurre alle creazione dell’altro come nemico, delle armi per eliminarlo e delle guerre per giustificarne la scomparsa. Edwin indifeso nel feretro e la cui ricchezza è stata apparentemente rubata.

Eppure lo ricorda il noto scrittore argentino Jorge L. Borges…’ solo es nuestro lo que hemoso perdido’, ovvero ci appartiene solo ciò che abbiamo perduto.

Forse Edwin non è mai stato così ricco come quando, nudo e poi ricoperto da un lenzuolo bianco, è stato deposto nel grembo del feretro come all’inizio.

La tomba scavata su misura era pronta ad accogliere il feretro che portava una croce in rilievo sulla parte superiore. Nel silenzio del cimitero, con due corde, si è fatta scendere la cassa nella quale il corpo di Edwin giaceva immobile perché con lo spirito già altrove. ‘L’amore della libertà ci ha condotti qui’, dice il motto nazionale della Liberia, Paese originario di Edwin. Sullo sfondo dell’emblema si scorge una nave, a ricordo degli schiavi tornati in Africa dagli Stati Uniti per inventare la libertà. La nave di Edwin è il feretro e il mare è il Sahara, nome che appunto significa mare.

Edwin è stato sepolto nel Sahel, che poi è una riva che costeggia il mare di sabbia. Da qui ha continuato il viaggio per una terra dove non ci sono malattie, armi, guerre e frontiere che respingono gli stranieri. Edwin, ‘Figlio delle Ricchezza’, racconterà agli altri migranti come lui, che l’amore della libertà come sua unica ricchezza, lo aveva condotto su quella riva.

P. Mauro Armanino
Niamey


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