P. Antonio Porcellato, Superiore Generale della SMA, ci restituisce un bellissimo ricordo della storia che ha legato Papa Francesco all’Istituto missionario, in particolare, nel tempo del rapimento di p. Gigi.
Il 17 maggio 2019, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata nella Sala del Concistoro in Vaticano noi membri della 21ma Assemblea generale della Società delle Missioni Africane. Ero stato appena eletto Superiore Generale e avevo il compito di indirizzargli delle parole di benvenuto.
Conquistato dal suo atteggiamento di cordiale semplicità, decisi di saltare tutti i titoli altisonanti già preparati e cominciai con un affettuoso: “Caro Papa Francesco…”. Nel messaggio che ci lesse diceva tra l’altro: “Vi incoraggio anche a perseverare nel vostro impegno, in stretta collaborazione con i membri di altre religioni e istituzioni, al servizio dei bambini e delle persone più fragili, vittime delle guerre, delle malattie, del traffico di esseri umani. Perché la scelta per gli ultimi, per quelli che la società rifiuta e mette da parte è un segno che manifesta concretamente la presenza e la sollecitudine di Cristo misericordioso”.
Prima della benedizione, volle sedersi per stringere la mano di ciascuno di noi e mi chiamò accanto a sé perché gli dicessi i nomi almeno dei primi della fila. Fui molto colpito dalla cura che metteva nell’incontrare ognuno con lo sguardo e con le mani. Eravamo un’ottantina di persone, non pochi.
Verso la fine della fila venne avanti un nostro amico macellaio che gli mise in grembo un salame frutto della sua produzione artigianale. Colpito dal gesto, Papa Francesco gli chiese: “Ma è buono?” e subito chiese all’assistente di metterglielo da parte per lui.
Al di là di questi ricordi personali, sono molto grato a Papa Francesco dapprima per averci fornito un quadro di pensiero per capire la missione della Chiesa oggi. Si tratta soprattutto di tre lettere encicliche che mi sembra siano dei contributi imprescindibili nel mettere in opera la nostra vocazione missionaria oggi. Il primo è documento è la lettera “Evangelii gaudium” del 2013, il primo anno del suo pontificato. Tutti i cristiani sono discepoli e missionari e tutti sono chiamati ad uscire verso le periferie geografiche ed esistenziali per testimoniare la luce del Vangelo.
La nostra vocazione specifica di missionari ad Gentes “per l’Africa e dall’Africa” trova luce in questo quadro di base. Nel 2015 è poi uscita la Lettera “Laudato Si’” completata nel 2023 con “Laudate Deum”. Papa Francesco ci ha fatto capire che la salvezza che ci porta il Vangelo non è soltanto quella degli individui, ma comprende anche la salvezza di tutto il creato, affidato da Dio all’umanità perché lo custodisca. E dunque l’ecologia non va compresa come una cosa a sé stante, indipendente dalle sorti dell’umanità. Si tratta piuttosto di visione di “Ecologia Integrale” in cui la cura del creato va di pari passo con la cura delle relazioni umane, soprattutto verso i più deboli.
Infine, nel 2020 la lettera “Fratelli Tutti”, basata sulla parabola del Buon samaritano, ci ha fatto capire che l’orizzonte della nostra vocazione cristiana è tutta la famiglia umana. La Chiesa non è fedele alla missione che ha ricevuto se pensa solo a se stessa in modo autoreferenziale. I popoli, le culture, i gruppi religiosi sono tutti chiamati a formare la famiglia umana che in Gesù morto e risorto trova la sua pienezza e la sua armonia. E noi missionari ci ritroviamo pienamente in questa visione, rimotivati e incoraggiati nel nostro impegno per il dialogo, la compassione e l’amore fino a dar la vita.
Sono poi grato a Papa Francesco per averci dato l’esempio di Chiesa in uscita con i suoi viaggi e le sue visite. Ricordiamo la scelta dei primissimi viaggi a Lampedusa e a Lesbo, per incontrare e dare voce ai migranti. Ricordo i viaggi per incontrare le varie autorità del mondo mussulmano, sia sunnita che sciita. Ricordo i 5 viaggi in Africa, in particolare quello del 2015 in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. In questo ultimo paese è arrivato con molto coraggio a fine novembre durante un periodo di violenze. La sua visita è stata una testimonianza enorme di dialogo e collaborazione per la pace tra confessioni cristiane e gruppi mussulmani. Ed è alla Cattedrale di Bangui che ha voluto aprire la porta del Giubileo della Misericordia. Grazie, Papa Francesco.
P. Antonio Porcellato