La Mostra del Cinema di Venezia, sin dalla sua creazione (1932), possiamo dire sia sempre stata piuttosto “parsimoniosa” nel dare spazio a film diretti da registi africani. In questi decenni, si trovano poche eccezioni, come nello storico 1968, anno in cui le Mandat (il vaglia), del regista senegalese Sembéne Ousmane, ottenne il Premio della Critica (premio che comunque è collegato a una sezione autonoma rispetto ai premi ufficiale della mostra veneziana). Più recentemente, ha ottenuto una certa visibilità il film Akasha del regista Hajooj Kuka (Sudan).
Anche in occasione dell’82ᵃ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica risulta evidente come le produzioni europee e statunitensi siano ancora indiscusse protagoniste.
Spostando però lo sguardo al “dietro le quinte” dell’evento veneziano, si scopre qualcosa di interessante, ovvero il Final Cut in Venice.
Giunto alla tredicesima edizione, il programma Final Cut in Venice è collegato al Venice Production Bridge (co-finanziato dal MEDIA Fund della Commissione Europea) e si prefigge l’obiettivo di dare un’opportunità a produttori e registi provenienti dall’Africa – e anche da Giordania, Iraq, Libano, Palestina, Siria e Yemen – di presentare i loro film in lavorazione a operatori e distributori internazionali per favorirne la post-produzione, e per promuovere partnership di co-produzione, oltre che l’accesso al mercato. In pratica, con questa iniziativa si vogliono sostenere film di nicchia o indipendenti.
Sono film in realtà con narrazioni originali, attenti alle dinamiche sociali contemporanee, con particolare interesse verso quelle aree del pianeta considerate ancora marginali nel mondo cinema.
In questo 2025, tra i film selezionati a partecipare al Final Cut in Venice troviamo due pellicole a nostro avviso meritevoli di considerazione.
LEGACY (SOLEIL, LUNE, ÉTOILES)

Germaine Acogny, co-fondatrice dell’Ecole des sables
Si tratta di un film-documentario del regista senegalese Mamadou Dia, ambientato all’École des Sables, scuola fondata dalla rinomata coreografa e ballerina Germaine Acogny (classe 1944) considerata “la madre della danza contemporanea africana“.
Protagonisti sono gli studenti provenienti da varie zone dell’Africa, che frequentano l’ultimo anno del Master presso questa prestigiosa scuola diretta da “Maman Germaine”, come viene affettuosamente chiamata la grande danzatrice senegalese Acogny.
Ma il racconto va oltre i sogni e le esistenze di questi giovani studenti, per abbracciare altro.
L’ambiente creativo, pacifico e accogliente dell’École des Sables, che sorge nei pressi della laguna di Toubab Dialo, rischia di subire una trasformazione, a causa della costruzione di un porto nelle immediate vicinanze.
Il regista mette così in luce, attraverso la danza, i cambiamenti sociali ed economici di un angolo del Senegal.
Il porto, se è concepito ai fini della crescita economica, rischierà di avere un impatto non solo ambientale, ma anche culturale in un luogo dove la bellezza e l’arte sono state, e lo sono ancora, motori di speranza e di riscatto.
La scuola creata da Germaine Acogny non è “chiusa”, bensì aperta dal punto di vista sia umano, sia architettonico. Infatti i suoi spazi si aprono verso l’esterno, tanto che i suoi studenti imparano a danzare anche sulla sabbia: aspetto questo che è parte integrante del metodo didattico sviluppato dalla stessa Germaine Acogny.
E così, i giovani ballerini del Master, potrebbero essere gli ultimi a vivere e a frequentare “la scuola di sabbia” nello spirito originario con cui la fondatrice l’ha plasmata in questi quasi tre decenni.
HOUSE OF THE WIND (LA MAISON DU VENT)

Auguste Kouemo Yanghu, regista di “House of the wind”
Questo film è una co-produzione tra Camerun, Benin, Francia, Belgio ed è diretto dal regista, sceneggiatore e attore camerunese Auguste Kouemo Yanghu.
La protagonista è Josette, una donna di 75 anni, che vive nella capitale Yaoundé in una condizione di solitudine. I figli sono emigrati da anni in Europa, ma Josette fa di tutto pur di convincerli a ritornare nella loro terra d’origine.
Il suo sogno è quello di ricostruire la sua famiglia, recuperare vecchi legami e vecchie abitudini, ma la realtà si scontra con i suoi desideri.
Inizialmente, Josette nutre qualche speranza di un possibile positivo cambiamento grazie all’incontro con Sarah, una giovane del suo quartiere, ma quando emergono altri personaggi, come il francese Adrien, la donna è avvolta da timori e incertezze.
Josette, pur di non cadere ancora nella solitudine, fa una scelta che spezzerà il suo legame con Sarah.
A peggiorare la situazione, saranno gli atteggiamenti dei figli di Josette, ritornati in Camerun per il funerale di un loro fratello. Osservando i loro comportamenti, Josette comprende che il passato a cui cercava di aggrapparsi non potrà più tornare.
Silvia C. Turrin