Dopo decenni di instabilità e di rivendicazioni autonomiste, domenica 23 febbraio 2025, è stato firmato un accordo di pace tra il primo ministro senegalese Ousmane Sonko e alcuni esponenti del Movimento delle Forze Democratiche della Casamance, che da anni rivendicano l’indipendenza per questa regione nel sud del Senegal.
Mentre le turbolenze geopolitiche internazionali non fanno altro che riportarci immagini di guerra, in terra africana – pur tra tante instabilità – si intravede una luce di pace, almeno in Casamance. Questa regione frontaliera, nel sud del Senegal, separata dal Senegal settentrionale dal Gambia, è da vari decenni al centro di un conflitto portato avanti dal Movimento delle forze democratiche della Casamance (MFDC) e l’esercito regolare senegalese.
Un conflitto dimenticato, iniziato negli anni ’80 del XX secolo, che ha provocato migliaia di morti e di rifugiati, e che ha coinvolto anche il Gambia e la Guinea Bissau. È proprio in quest’ultimo Paese che è stato stipulato il protocollo d’intesa per la pace, firmato dal Primo Ministro senegalese Ousmane Sonko e da alcuni rappresentanti dell’MFDC, con la mediazione del presidente della Guinea-Bissau, Umaro Sissoco Embalo, dopo negoziati duranti tre giorni. La firma è l’esito di un lungo cammino, che ha visto nel 2023 la deposizione delle armi da parte di vari combattenti del Movimento delle forze democratiche della Casamance.
L’accordo di pace prevede una serie di punti importanti e delicati, a cominciare dalla deposizione delle armi di tutti i gruppi armati. Cruciale sarà la smobilitazione dei combattenti del Fronte Sud, guidati da César Atoute Badiate, e il loro reinserimento nella società. Non meno centrale è il ritorno delle popolazioni sfollate nei loro villaggi di origine.
Un conflitto iniziato nel 1982
Era il 26 dicembre 1982, quando un gruppo di indipendentisti della Casamance manifestarono pacificamente a Ziguinchor cercando di sostituire la bandiera senegalese con una bandiera bianca. La risposta delle autorità fu violenta e la repressione che seguì alimentò il malcontento verso il governo di Dakar. Le rivendicazioni indipendentiste proseguirono e si acutizzarono, tanto da coinvolgere i paesi confinanti. Il conflitto proseguì a fasi alternate, assumendo a tratti le dimensioni di una guerriglia.
Nel 1991 venne firmato un cessate il fuoco, che non portò alla fine dell’instabilità in Casamance. Anzi, i ribelli – che trovarono rifugio nei vicini Gambia e Guinea-Bissau –vennero accusati di traffico illegale di legno e di cannabis. L’intera regione, a causa dei combattimenti e dell’allontanamento delle persone dai loro villaggi, è stata destabilizzata anche a livello economico ed ecologico.
La frattura etnica e geografica tra nord e sud del Senegal
La frattura etnica tra il nord, popolato in particolare da Wolof e Peul, e il sud, a maggioranza Diola (o Jola, etnia presente anche in Gambia e Guinea-Bissau) è tra le motivazioni del conflitto fra indipendentisti della Casamance e autorità di Dakar.
Il popolo della Casamance si è, a vari gradi, sempre sentito “lontano” da quanto accadeva nella capitale senegalese. Una lontananza che era anche culturale e storica, sin dai tempi dell’epoca schiavistica e colonialistica. Basti pensare che i capi Diola hanno sempre combattuto lo schiavismo, poiché la loro tradizione impedisce che uno dei membri potesse essere venduto o sottratto al suo gruppo.
La distanza è accentuata dalla geografia, essendo la Casamance separata dal nord del Senegal dalla “lingua” di terra del Gambia. Anche la colonizzazione francese ha stimolato questa divisione etnico-geografico e politico, poiché i centri principali della politica e dell’economia erano (e sono) nel nord del Senegal.
Augustin Diamacoune Senghor, il “prete ribelle”
Una figura importante del movimento indipendentista della Casamance fu Augustin Diamacoune Senghor (1928-2007). Suo padre, Mathieu Diamacoune Senghor, era tra i membri e militanti del blocco democratico senegalese del Presidente Léopold Sédar Senghor. Ma lo spirito per così dire critico, Augustin Diamacoune Senghor lo ereditò dalla madre, Marthe Badiate, di etnia Diola.
Chiamato “il prete ribelle” – venne ordinato nel 1956 – e fu lui il promotore della creazione del Movimento delle forze democratiche della Casamance (MFDC), al fine di rendere indipendente questa regione del sud del Senegal. Augustin Diamacoune Senghor venne più volte imprigionato per la sua attività politica. E la Chiesa del Senegal gli proibì di dire messa proprio per le sue posizioni indipendentiste.
Nel corso degli anni, “il prete ribelle” capì che l’unica strada era la pace, per questo si impegnò a promuoverla con la firma di una serie di accordi che, tuttavia, non portarono alla fine del conflitto. Augustin Diamacoune Senghor si è spento a Parigi, lontano dalla sua Casamance, il 14 gennaio 2007.
Le sue spoglie ritornarono nella sua terra d’origine. A Ziguinchor, nella locale Cattedrale di Sant’Antonio da Padova, venne celebrato il rito funebre, al quale parteciparono non solo familiari e amici, ma anche rappresentanti della Repubblica senegalese, della Francia, e poi tanti cittadini della Casamance di ogni fede, inclusi musulmani e animisti.
a cura di Silvia C. Turrin