Ordinazione sacerdotale di p. Gigi, primo da destra

Erano accasciati sul pavimento della chiesa. Lui e Lui. P. Pier Luigi e il Dio di Gesù il Nazareno. Un giorno come oggi. Era un 15 di giugno del secolo scorso, il secolo breve, secondo Eric Hobsbawn, storico inglese nato ad Alessandria d’Egitto. Steso sulle piastelle lucidate del pavimento della chiesa mentre passavano a turno i santi per fargli coraggio e indicargli il cammino.

Maria, Michele, gli Angeli, Giovanni Battista, Giuseppe, Pietro e Paolo, Andrea, Giovanni e Maria Maddalena. P. Pierluigi, il giorno della sua ordinazione presbiterale era supino, steso, accasciato, offerto, inerme, vulnerabile, offerto, ostaggio, libero. Il ventre, le gambe aderenti al pavimento e le braccia incrociate a sostenere il volto per poter respirare.

L’ordinazione toglie il respiro e poi passano i santi uno dopo l’altro, chi per ammonire chi per consolare, o chi come la Maddalena, per carezzare. Un prete è sempre attaccato al suolo, alla terra, accasciato, da solo, sul pavimento della chiesa. Forse i santi avevano intuito qualcosa e non osavano dirglielo apertamente, specie durante la cerimonia che il vescovo presiedeva, assieme agli altri presbiteri amici.

Passavano i santi, mentre a Pierluigi mancava il respiro e a cantare le litanie dei santi erano, a suo nome, gli altri. Stefano, Ignazio, Lorenzo, Perpetua e Felicita e Agnese, martiri. I sapienti come Agostino, Attanasio e Basilio, antichi militari come Martino, padri come Benedetto, Francesco, Domenico e poi il missionario Saverio. Altri si allontanavano in fretta da lui per lasciare il posto ad altri, più degni, secondo loro, del mistero che si celebrava quel giorno.

L’ordinazione è una ferita che rimane sempre aperta da quel giorno in cui, rannicchiati sul fresco pavimento del tempio e trafitti dalla croce non si rimarginerà più. Una forma che si stampa negli occhi, il costato e le mani di chi osa abbandonarsi al altre mani. Giovanni Maria, Caterina e Teresa d’Avila a cui hanno scoperto, sembra, un cuore trafitto dal fuoco. Poi tutti gli altri senza numero e nome, in silenzio, per rubargli uno sguardo di complice vangelo.

Lo stesso anniversario si riproduce il 17 giugno, appena due giorni dopo l’ordinazione sacerdotale. Un anno e nove mesi di prigionia, steso sul pavimento di sabbia del Sahel. Accasciato, rannicchiato, con le braccia conserte e tutto il corpo offerto senza condizioni e frontiere. P. Pier Luigi, rapito il 17 settembre del 2018 prima di andare a riposare, di stendersi sul letto che si era ormai abituato al peso e al profilo del suo corpo. Portato, strappato via e poi steso per terra.

La stessa ordinazione che si realizza, si compie, continua nel tempo e con modalità insospettate da quel giorno. I santi avrebbero voluto accompagnarlo di più quel giorno, il 15 giugno del 1985 che P. Pier Luigi vive adesso, in prigionia. È lo stesso anniversario diviso in due, a forma di croce, come quando si trovava sul pavimento, piccola cosa nel cuore del mistero del mondo.

Male e misericordia sono da allora inseparabili P. Pier Luigi lo intuiva quando, arreso sul pavimento della chiesa, sentiva che i santi l’avrebbe ro accompagnato, consigliato e perfino difeso, in caso di bisogno. Tornerà un giorno, camminando, eretto come solo sanno esserlo coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione, da insorti.

P. Mauro Armanino
Niamey, Niger