Padre Angelo è testimone quotidiano di tanti segni di speranza che popolano la parrocchia “Sagrada Familia”, nella grande periferia della capitale angolana.

Esperança”, che qui traduce “speranza” e anche “attesa”, è anzitutto per me il volto concreto di tante bimbe, ragazze, donne, nonne che portano quel nome. È uno dei nomi più comuni in circolazione, segno che, nonostante i problemi e le difficoltà, ci si aspetta ancora qualcosa di bello e di grande dalla vita.

Sono segno di speranza i tanti pancioni di donne in circolazione e gli sciami di bimbi che si muovono nei cortili e nelle strade. Non dovrei parlare perché non ho mai fatto figli e non ho mai provato le doglie del parto, ma mi chiedo perché in Europa costi tanto fare un figlio quando qui nascono quasi spontaneamente e riescono a crescere anche senza tutte quelle attenzioni iper-possessive e iper-protettive che soffocano i bimbi in Europa.

Speranza sono i bimbi che siamo riusciti a mettere a scuola. Affrontano con pochi mezzi l’avventura del crescere e del sapere e speriamo che domani riescano a costruire un’Angola e un mondo migliore.

Speranza è la virtù di ogni giorno che si esercita fin dalle prime ore del mattino quando ti alzi e sai che la dispensa è vuota come la tomba di Gesù risorto, il salario è finito sei giorni dopo averlo ricevuto e anzi avresti qualche debito da ripagare, eppure sai che anche quel giorno mangerai e arriverà domani per “sperare” qualcosa di nuovo.

Speranza è l’inquilina dei nostri giovani parcheggiati in attesa di lavoro o di poter entrare in università, dei nostri contadini che attendono la pioggia per fecondare il loro campo, di chi ha depositato una pratica in un ufficio comunale e sa che senza appoggi e lubrificanti si arenerà.

Speranza è l’amica fedele delle nostre donne, commercianti di strada, di mercato o con una piccola bancarella davanti a casa, che attendono pazientemente sotto il sole qualche compratore per poter racimolare il necessario per la cena di famiglia.

Speranza è la fede di chi viene a pregare, in silenzio, gridando, cantando, piangendo, insistendo, per chiedere a Dio che sistemi qualche problema, che curi qualche malattia, che provveda a qualche necessità, perché solo Lui ormai può fare qualcosa.

Speranza è la carità che ti fa soffrire per i problemi degli altri quando ne hai un sacco anche tu, che ti fa spendere tempo per gli altri, quando non ne hai nemmeno per te, che offre un chilo di riso alla vicina quando il tuo sacco di riso è già alla fine.

Speranza per me è vivere qui ed essere testimone delle meraviglie che Dio compie ogni giorno, in modo inatteso, sorprendente, creativo facendo crescere la fede, la carità e la speranza nella vita di chi ho attorno.

Speranza è quella che annuncio agli altri, quando come Gesù nella sinagoga di Nazareth, apro il libro delle Scritture e proclamo che c’è una bella notizia per i poveri, una luce per i ciechi, una libertà per i prigionieri, il tempo della misericordia del Signore per tutti.

Speranza è l’ostia che alzo ogni giorno quando celebro la Messa annunciando la morte del Signore, proclamando la sua resurrezione, nella speranza-attesa della sua venuta. Sulla croce ci ha salvati Lui. Siamo stati salvati dall’amore più grande perché anche noi diventiamo capaci di amare! Qualcuno può continuare a fare il furbo, lo smargiasso, il violento, il prepotente, a seminare ingiustizia, distruzione morte, ma noi abbiamo la speranza che il più piccolo gesto di servizio, di aiuto, di compassione valga più del riarmo nucleare per salvare il mondo!

P. Angelo Besenzoni

P. Angelo Besenzoni, Angola

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