A dieci anni dalla pubblicazione della Laudato si’, il richiamo di Papa Francesco a un’economia capace di giustizia, solidarietà e conversione integrale continua a risuonare con forza. Nel suo ultimo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, il Pontefice aveva rilanciato un appello radicale: «Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace». Parole che richiamano il cuore del Giubileo e che oggi trovano eco nelle molte voci – ecclesiali e civili – che chiedono un cambiamento concreto delle regole del sistema economico globale.

Un mondo indebitato: numeri di una crisi globale

Gli ultimi dati disponibili sono drammatici. Oltre 130 Paesi del Sud del mondo registrano livelli di indebitamento critici, e a livello globale, più di 3,3 miliardi di persone vivono in paesi in cui il governo spende più per ripagare i debiti che per la salute pubblica. Analogamente, almeno 2,1 miliardi di persone non hanno accesso a un’istruzione di qualità perché le loro nazioni devono destinare altissime quote di bilancio al servizio del debito invece che a scuole e insegnanti. Il debito internazionale non è solo una questione tecnica di finanza, ma si traduce in una questione di giustizia sociale. Il peso del debito sovrano grava maggiormente sui più poveri: in più, i Paesi del Sud globale si trovano a contrarre prestiti con tassi d’interesse molto più alti rispetto ai Paesi ricchi: fino a quattro volte quelli degli Stati Uniti e dodici volte quelli della Germania. I costi aumentano ulteriormente per gli Stati più esposti ai cambiamenti climatici, penalizzati da premi di rischio aggiuntivi che, nell’ultimo decennio, hanno generato tra i 40 e i 60 miliardi di dollari in interessi extra. Molti di questi Paesi oggi rimborsano i creditori privati con tassi superiori al 10%.

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La recente guerra commerciale avviata dagli Stati Uniti ha aggravato la situazione: nella prima settimana di aprile 2025, almeno 20 Paesi hanno visto salire i tassi d’interesse medi al 12% in seguito all’annuncio dell’aumento dei dazi. E quando avviene il default, i creditori continuano a richiedere il rimborso integrale, ostacolando ogni reale alleggerimento del debito. Anche gli accordi di ristrutturazione raggiunti interessano spesso solo una piccola parte del debito complessivo. Eppure, i creditori privati hanno ricavato oltre 14 miliardi di dollari da prestiti a Paesi in default, tra cui Ciad, Ghana, Sri Lanka, Suriname, Ucraina e Zambia.

Quasi tutto questo debito è emesso in valute estere, principalmente in dollari statunitensi. Con il rafforzamento del dollaro e l’aumento dei tassi globali, i costi di rimborso sono ulteriormente cresciuti, mettendo sotto pressione le già fragili finanze pubbliche. I governi si ritrovano così costretti a prendere in prestito non per investire nelle proprie comunità, ma per ripagare i debiti esistenti e i relativi interessi. Per ottenere la valuta estera necessaria, molti sono spinti a intensificare l’estrazione e l’esportazione di risorse naturali, dai combustibili fossili ai minerali, aggravando la distruzione ambientale – un costo spesso invisibile nelle valutazioni ufficiali del debito.

«Dobbiamo trovare un rimedio alle cause profonde dell’ingiustizia. Il debito è una delle sfide che definiscono la nostra epoca». Papa Leone XIV condivide la stessa inquietudine di Papa Francesco e il desiderio di impegnarsi contro il debito» e «cambiare il nostro sistema economico», ha sottolineato Alistair Dutton, segretario generale di Caritas internationalis, durante un incontro online organizzato il 28 maggio da Caritas internationalis e dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

Debito e crisi climatica

La crisi del debito e la crisi climatica si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. I Paesi più poveri sono spesso quelli maggiormente colpiti dagli eventi climatici estremi – siccità, alluvioni, uragani – ma paradossalmente dispongono di meno risorse per proteggere le proprie popolazioni, perché i fondi finiscono ai creditori. «Se un Paese deve pagare un debito enorme, soffre le conseguenze più terribili del cambiamento climatico. Le nazioni povere stanno pagando due volte», ha avvertito suor Smerilli, sottolineando come debito finanziario e “debito ecologico” siano due facce della stessa medaglia. L’idea di un debito ecologico – il debito ambientale che i Paesi ricchi hanno contratto sfruttando oltre misura le risorse del Sud del mondo – è emersa con forza proprio nell’enciclica Laudato si’: «Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico».

La campagna Cambiare la rotta

In questo contesto è nata “Turn Debt into Hope” – Trasformare il debito in speranza, la campagna giubilare globale lanciata da Caritas Internationalis. In Italia la campagna è stata rilanciata sotto il nome “Cambiare la rotta. Trasformare il debito in speranza”, che riunisce una vasta coalizione di enti e movimenti, a partire dai promotori del Festival Fondazione Missio e la Conferenza degli Istituti Missionari in Italia (CIMI). Ma anche tanti altri amici e realtà: Acli, Agesci, Aimc, Azione Cattolica, Caritas, Comunità Papa Giovanni XXIII, CVX Comunità di Vita Cristiana, Earth Day Italia, Focsiv ETS, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Lanza, Istituto di Diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo, MCL, Meic, Missionari Comboniani, Movimento dei Focolari, Pax Christi, Salesiani per il sociale, Sermig. In concreto, si sollecita la creazione di un meccanismo internazionale trasparente sotto l’egida dell’ONU per gestire le crisi debitorie – così da non lasciarle alle negoziazioni squilibrate tra singoli Paesi e creditori – oltre a riforme dell’architettura finanziaria globale che pongano al centro la dignità umana e non il profitto speculativo.

Fonte: Festival della Missione