Dopo quasi tredici anni presso la Casa SMA di Lione (Francia), Padre Jean Paul Kpatcha si prepara a tornare in Togo, dove è stato eletto Superiore Provinciale, proprio nel suo Paese natale. Sacerdote missionario della SMA, lascia un’eredità di dialogo, cultura e fraternità. Attraverso la direzione del Carrefour des Cultures Africaines (Crocevia delle Culture Africane, CCA) e dello spazio culturale Sarraounia, il suo ruolo all’interno del team di Lione, ha incarnato un ponte vivente tra due mondi – quello africano e quello europeo – dove il ministero diventa incontro e apprendimento.
Quando racconta i suoi dodici anni in Francia, P. Jean-Paul Kpatcha non parla di adattamento, ma di trasformazione. “Osservo semplicemente che, ci piaccia o no, la presenza degli altri nelle nostre vite rimodella il nostro modo di vivere e di agire”, confida.
Navigare tra due culture gli ha rivelato la fluidità stessa dell’identità: “Non abbiamo un’identità fissa. La nostra identità è ciò che la vita ci offre quotidianamente… Perché la nostra vera identità è l’amore, che non ha né colore né civiltà“.
Quando i manufatti parlano
Al crocevia delle culture africane, la sua missione non si è mai limitata a “preservare il passato”.
“Prendersi cura di un’opera d’arte africana è un modo per prendersi cura delle persone di oggi“, spiega Padre Jean Paul con passione.
Ogni maschera, ogni scultura diventa per lui un luogo di memoria e dialogo.
“Ho scoperto che ogni oggetto è una biblioteca di popoli, credenze e tradizioni… Ogni mostra diventa un incontro, e da questo incontro nasce il dialogo”.
Sotto la sua direzione, il museo si è trasformato in uno spazio vivo dove la cultura diventa preghiera e dove l’arte parla il linguaggio universale della dignità umana.
Costruire ponti
Parlare di Jean Paul significa parlare di ponti. “Non esiste un ponte difficile da costruire“, afferma con pacata saggezza. Non è la differenza a rappresentare un problema, ma la mancanza di volontà, di dialogo o di comprensione.
“Il solo fatto di poter scambiare idee e discutere, anche senza condividere le stesse visioni, è già un ponte. Ogni essere umano è una forma di comunicazione”.
In una città cosmopolita come Lione, ha imparato a creare connessioni tra culture, chiese, istituzioni e popoli, senza mai perdere di vista la semplicità della vita quotidiana.
Quando l’attesa diventa formazione
Prima di Lione, c’era il Togo: una parrocchia rurale, una missione di pazienza.
“Non ho mai voluto venire subito in Francia… Quando non ho ottenuto il visto nel 2012, ho prestato servizio per un anno in una missione rurale in Togo“.
Quella esperienza gli ha insegnato il valore del tempo e degli incontri.
“La fiducia, il linguaggio e la disponibilità ad apprendere dalla gente comune mi hanno aiutato molto in seguito, in un contesto missionario francese e multiculturale”.
L’evoluzione della missione: presenza, ascolto e speranza
Per padre Jean Paul, il ruolo di una società missionaria in Europa non è cambiato radicalmente: annunciare Cristo, soprattutto ai più dimenticati.
“Dobbiamo accompagnare gli anziani, riconciliare le famiglie e aiutare la Chiesa in Francia ad accogliere meglio i cristiani provenienti da altre parti del mondo”.
Di fronte alle divisioni sociali e culturali, insiste: “La nostra presenza, il nostro sostegno e il nostro ascolto sono una forma di speranza“.
Comunità come formazione: la scuola del vivere insieme
Tredici anni di vita comunitaria lo hanno plasmato più di qualsiasi altra esperienza.
“La comunità rimane una fonte di formazione… Impariamo ad accoglierci a vicenda e a ricevere dagli altri la grazia del vivere insieme”.
Per lui, la fraternità quotidiana è il principale campo missionario.
Un leader deve saper trovare gioia nella sofferenza, per far vivere le Beatitudini all’interno della comunità.
Amore, il Volto di Dio in Azione
Il suo ministero a Lione è stato anche un intreccio di collaborazioni con attori civili, laici e politici.
“Ogni partnership è un momento di vita e di Chiesa… L’amore è un’immagine di Dio che ci permette di unirci attorno a progetti che toccano la vita umana”.
Questa esperienza gli servirà da bussola in Togo, dove intende continuare a costruire ponti tra fede e società, con la stessa pazienza e apertura.
Tutto è Grazia
Tornato in Africa, P. Jean-Paul Kpatcha mantiene una visione semplice e luminosa: “Non ho bisogno di una posizione amministrativa per servire… Ogni missionario SMA ha il potenziale per essere un leader”. Conclude con un soffio di fede:
“Resto convinto che per ogni missione, il Signore darà la grazia sufficiente per compierla, per il bene della sua Chiesa e per la gloria di Dio stesso”. »
Fonte: SMA international
Traduzione e adattamento a cura di Silvia C. Turrin dell’Articolo firmato da Dominic Wabwireh