Podcast: Pace in ostaggio

Fonte del testo e del podcast: Vaticannews.va

“Sono passati 4 anni dal rilascio in Mali di padre Gigi Maccalli, appartenente alla Società delle Missioni Africane che era stato rapito nel 2018 nella zona sud-occidentale del Niger. Un rapimento lungo, nel deserto, in solitudine e in catene che diventa l’occasione per una nuova “conversione teologica” del religioso. Un cambiamento che viene raccontato nel nuovo libro di padre Maccalli: “Liberate la pace – Per vedere oltre i confini. Un missionario rilegge il suo rapimento nel Sahel”, edito da Emi. Nell’episodio si ricostruisce la vicenda del sequestro, con le ansie e le preoccupazioni che percorrono l’animo del missionario, determinato però a non cedere all’amarezza e pieno di fiducia nel Dio che ama.”

Per sei mesi padre Gigi Maccalli ha vissuto nel deserto una solitudine profonda. Aveva il vento che scuoteva i capelli e la barba incolta, la sabbia che entrava negli occhi, la stuoia per dormire a terra, il cibo sempre lo stesso e l’acqua che aveva il sapore della benzina. In questo secondo episodio si racconta la vita “ordinaria” di quella prigionia: dalla preghiera alla “Messa nel deserto”; dalla condivisione delle sofferenze con altri due italiani ai gesti di umanità rivolti ai carcerieri. C’è anche la voce di Papa Francesco, intercettata grazie ad una radiolina cinese che diventa “acqua fresca” per il “cuore arido” di padre Gigi Maccalli.

E’ il dolore innocente il cuore del terzo episodio. Padre Gigi Maccalli, il missionario prigioniero per due anni nel Sahel, spiega che è la domanda più forte sulla quale ha meditato, cercando di capire la ragione del suo essere “vittima innocente” del male. “Io mi sono sentito vittima e vittima innocente – afferma – e questa comunione è incisa veramente nel mio cuore, non solo nella mia pelle, non è un tatuaggio, è proprio un’incisione nel cuore”. E’ nel pensare al dolore, nel pregare, che arriva la sua “conversione teologica”, guardando al Cristo sulla croce e al suo gesto d’amore totale verso l’uomo. “Sono piuttosto orientato oggi, anche dopo quanto ho vissuto, a un Dio che compatisce, un Dio – prosegue il missionario – che sta con me, a un Dio che porta e soffre con me e mi aiuta ad attraversare queste situazioni. È la forza del seme, non è la forza del chirurgo che estirpa il male per un più di bene, ma è il seme che cresce, diventa albero, le cui radici sono talmente forti da sollevare pietre e asfalto. Questa potenza del piccolo seme e la potenza della preghiera che ci aiuta ad attraversare situazioni che noi pensiamo impossibili, ma nulla è impossibile a chi prega”.

È il momento della libertà. Dopo due anni dal suo rapimento padre Gigi Maccalli vede la luce, è l’8 ottobre 2020 il mondo è sconvolto dalla pandemia, un isolamento forzato per tutti ma che già il missionario ha vissuto nel deserto. C’è felicità nei tanti che hanno pregato per lui anche Papa Francesco lo ricorda all’Angelus nella Giornata Missionaria Mondiale, 10 giorni dopo il suo rilascio. “Noi abbiamo pregato per te ma tu hai sorretto la Chiesa”: sono le parole del Pontefice nell’incontro avvenuto in Vaticano il 9 novembre. Da quell’esperienza padre Gigi porta con sé il dolore delle vittime innocenti, quelle che vivono una guerra che non hanno scelto e per questo il grido che gli viene dal cuore, dopo questa lunga e dolorosa esperienza, è uno solo: “Liberate la pace”.