Don Michele Farina, da Savona al Centrafrica come missionario: una scelta profetica

Abbiamo incontrato Don Michele, della diocesi di Savona, che ci ha raccontato cosa lo ha spinto a entrare nella famiglia SMA, a partire per una nuova missione, e quindi cosa si aspetta dal Centrafrica dove andrà.

Don Michele, come è nata in te la voglia di far il missionario?

Don iIchele: Durante il mio percorso di studi, il mio Vescovo mi aveva mandato a Roma a studiare Pastorale Familiare. Quando tornai, ordinato sacerdote, chiesi al nuovo Vescovo (nel frattempo era cambiato), se potevo, come “regalo” di ordinazione, andare a visitare i missionari diocesani “fidei donum” in Brasile.

Sono stato un mese a far loro visita a Manaus. Rientrato a Savona, quindi proprio poco dopo la mia ordinazione, si era manifestato il bisogno di trovare il nuovo responsabile del Centro Missionario Diocesano, e il Vescovo mi ha detto “lo diventerai tu”: è stata, oggi lo possiamo ben dire, una scelta profetica. Quella scelta mi ha permesso di iniziare il mio cammino nel mondo delle Missioni.

La curiosità, l’interesse prima, la passione e l’amore poi per la Missione è nata quindi così: da responsabile del Centro Missionario Diocesano, grazie al quale ho avuto modo di conoscere i missionari, e di fare qualche breve esperienza.

Nel 2009 ne ho svolte due: ho accompagnato i giovani della diocesi nella missione diocesana in Brasile a Manaus, e poi in Centrafrica in una missione dei Carmelitani savonesi nella diocesi di Bouhar, nel nord del paese.

E poi nel 2010 si è concretizzata la possibilità di fare una esperienza personale con la missione interdiocesana ligure a Cuba. Doveva essere, come è stata, una esperienza a tempo determinato essendo mandato come sacerdote “fidei donum”, cioè col mandato e l’eventuale rinnovo di tre anni in tre anni. Rinnovata per tre volte, sono stato a Cuba quasi 8 anni: dal 2010 al 2018.

E poi? Sei rientrato, ma… ancora una volta hai sentito di dover partire!

Sì, sono rientrato. E devo dire che tornando pensavo la mia vita missionaria fosse conclusa. Cuba certamente è stata una esperienza bellissima, una esperienza significativa, che sicuramente ha cambiato un po’ il mio modo di essere prete e forse anche un po’ la mia fede.

Pensavo l’esperienza missionaria si fosse conclusa, fosse stata quella, e quindi di ritornare in diocesi ed essere inserito in una parrocchia, e così è stato: il mio Vescovo di Savona mi ha affidato 5 piccole parrocchie nella zona di Quiliano, e per tre anni e mezzo sono stato lì.

Da un anno e mezzo nel cuore mi è esploso il desiderio della missione, concretamente, di nuovo, a livello personale. Ho cominciato a svolgere il discernimento in me, proprio qui alla SMA.

La SMA è una realtà che conosco da quando sono al Centro Missionario, perché è qui che avvengono gli incontri regionali dei Centri Missionari Liguri, più volte all’anno, per condividere, confrontarsi e scegliere un cammino comune. Questo luogo, la casa SMA di Genova Quarto, l’ho frequentato per tanti anni grazie agli incontri dei Centri Missionari.

Col discernimento, la prima domanda che mi sono posto è stata: devo fare una nuova esperienza missionaria, o inserirmi in un vero e proprio istituto missionario? In questo caso una Società Apostolica come può essere la Società Missioni Africane? O detta in altri termini: parto di nuovo per una esperienza missionaria, o entro pienamente a far parte di una realtà missionaria?

Quindi, nel secondo caso, non più solo una scelta individuale, inviato dal mio vescovo, dalla mia diocesi come “fidei donum”, ma proprio entrare a far parte di una famiglia missionaria.

Riflettendo ho maturato che non avrei voluto semplicemente tornare a Cuba, dove certamente ho lasciato un pezzo di cuore, dove costantemente sono ancora in contatto con la missione, dovendo appunto ancora occuparmi fino a pochi giorni fa del Centro Missionario.

Quell’esperienza certamente me la porto nel cuore, anche perché è stata la mia prima esperienza missionaria, ‘il primo amore’ come si dice non si scorda mai, ed è tutt’ora vivo. Però non volevo partire solo per una questione affettiva, solo per tornare in un luogo dove sono legato. Ho riflettuto quindi anche su questa riscoperta missionaria al di là del luogo dove andare per la missione, partendo invece all’interno di una famiglia missionaria.

Questa mia domanda interiore nel corso di questo anno passato si è concretizzata con la scelta del partire per una nuova esperienza missionaria, affiliato alla Società Missioni Africane, e quindi in Africa.

 Le tue radici le senti, sono e resteranno nella diocesi di Savona?

Un aspetto davvero importante per me è che non voglio perdere le mie radici, la mia diocesi di Savona. Partire come affiliato (o col termine tecnico “associato”) alla SMA mi permette di rimanere incardinato della mia diocesi, e l’invio avviene in realtà da parte della SMA assieme al Vescovo di Savona. La convenzione tra SMA e Diocesi di Savona mi permette di vivere la missione sia come missionario associato SMA, sia come appartenente alla Diocesi.

Inoltre, c’erano diverse possibilità di destinazione della missione: mi fa molto piacere la scelta sia caduta sul Centrafrica, perché anche questo elemento mi dà l’opportunità di mantenere un collegamento significativo con la mia diocesi. Sono infatti tanti i savonesi che sono stati e sono missionari in Centrafrica: i padri cappuccini, le suore carmelitane, le suore Figlie di N.S. di Misericordia. Il Centrafrica è un luogo conosciuto e frequentato da religiosi e laici della mia diocesi, che ha un legame storico e diretto col Centrafrica: sono perciò davvero contento di inserirmi anche attraverso la SMA in questa missione.

Cosa ti aspetta in Centrafrica, alla missione?

Andrò nella parrocchia di Monassao, un grosso villaggio un po’ sperduto nella foresta, a 400 km dalla capitale Bangui, appartenente alla diocesi di Berberati, da cui dista 200 km, nella punta più a sud del Centrafrica, che fa triangolo insieme al Congo e al Camerun. È una zona di vera e propria prima evangelizzazione, la Chiesa non è presente da molto, quindi si tratta di continuare col lavoro che qualche missionario ha cominciato prima di noi.

Uno scenario del tutto diverso dalla missione di Cuba, dove la Chiesa è presente già da secoli, e possiamo ben dire che adesso stia vivendo una ‘nuova primavera’, un nuovo inizio, dopo molti anni di difficoltà e discriminazioni dovute al regime.

Quella di Monassao è una missione nuova, quindi imparerò anche uno stile di missione nuovo. Ogni missione ed ogni missionario devono sapersi adattare un po’ alla realtà che si incontra, alle persone che si incontrano. Forti dello spirito del fondatore della SMA, mons. de Brésillac, parto così, proprio con lo spirito apostolico dei primi missionari, per cercare di condividere la vita e la fede con le persone che incontrerò, per riscoprire il volto di Dio che opera in tutti, e quindi anche in chi ancora non lo conosce, per dargli un nome, per dargli il volto di Cristo.

Questa, certamente, sarà la cosa più bella, e farla assieme a padre Davide Camorani, con cui ci siamo conosciuti in questi mesi in SMA a Genova, e alle persone che incontrerò a Monassao mi riempie già sin d’ora di gioia.

 Come è andato questo anno di avvicinamento e cosa ancora ti aspetta?

Quest’anno l’ho dedicato alla conoscenza, all’approfondimento della storia della SMA, e in particolare della Provincia italiana,che ha sede appunto a Genova Quarto. Mi dedicato a una prima conoscenza del Centrafrica, la sua cultura, la sua società attuale, e in particolare l’etnia dei pigmei Bayaka, perché Monassao è il villaggio dove vive una importante comunità di pigmei Bayaka.

È una etnia solitamente seminomade, che periodicamente si sposta in diversi luoghi, invece a Monassao ha deciso di risiedere più stabilmente.

La lingua, la cultura, la storia di un Paese vanno conosciute prima, vanno imparate per poterle vivere. E quindi anche la preparazione alla partenza prevede uno studio: nel caso del Centrafrica lo studio del francese, la lingua ufficiale, che io avevo fatto anni addietro ai tempi della scuola media e poi alle superiori, e che ho dovuto ‘rispolverare’.

Ripartiamo da zero: anche questo fa parte di ogni nuovo inizio, ogni nuovo battesimo. Data l’importanza di imparare il francese andrò in Francia per qualche mese, nella casa SMA di Nantes, che mi darà l’occasione sia di studiare il francese, sia di approfondire anche la conoscenza della SMA, la spiritualità del fondatore, entrare ancora più a far parte di questa famiglia prima di partire.

Una volta poi arrivato in Centrafrica, starò qualche mese nella capitale, Bangui, per dedicarmi allo studio della lingua locale: il sango, che poi sarà la lingua che utilizzeremo davvero quotidianamente con le persone che incontreremo, ed è la lingua utilizzata principalmente anche dalla liturgia. Arriverò durante la stagione delle piogge, che rende pressoché irraggiungibile Monassao, collegata con il resto del Paese solo da pessime strade sterrate, che con le piogge intense diventano impraticabili.

Quali contatti materrai con la tua diocesi quando sarai là?

Mi hanno detto che, sebbene un po’ sperduti in mezzo alla foresta, a chilometri da una vera e propria città, internet in qualche modo, in qualche punto e in qualche orario anche lì riesce a prendere. Io mi sento legato alla mia diocesi, questo legame, per quanto distante possa essere, non si scioglierà.

Buona Missione, Don Michele! Aspettiamo curiosi e fiduciosi tue notizie dal Centrafrica!