Porte chiuse e messe sospese

La Bibbia racconta che il sacerdote e profeta Ezechiele, svolse la sua missione in esilio a Babilonia senza  il tempio. Da questa assenza dovette “…imparare una fede essenziale, dove neanche la frequentazione del tempio e i sacrifici erano più fondamentali. La vita gli insegnò a caro prezzo a semplificare la religione; l’assenza forzata delle condizioni materiali del culto lo istruì a una fede più spirituale e astratta” (Luigino Bruni  in : L’esilio e la promessa . La sacralità dell’ordinario).

È successo anche a me, anche a noi, con le chiese chiuse e le funzioni sospese “per Coronavirus”.  Ognuno a casa sua a riscoprirsi solo e fragile.

Forse l’esperienza delle chiese chiuse e delle liturgie sospese  può aiutarci a capire veramente, sulla nostra pelle, le parole del Vangelo di Giovanni, dove si dice che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.

È stato così per ognuno di noi o, nella difficoltà, invece di  ritrovarci a intraprendere una via spirituale personale, senza una guida ci siamo smarriti?

Questo è  il racconto della nostra esperienza.

Una Quaresima più impegnativa del solito

Bruno: L’emergenza sanitaria, oltre alla cronaca drammatica di malattia e morti, ha trasferito la sostanza della Quaresima e della Pasqua, dall’immaginario/rituale al mio reale quotidiano, e in assenza del consueto percorso liturgico di avvicinamento alla Pasqua, ben conosciuto e facile da seguire, mi sono trovato a dover vivere una  quaresima di conversione più impegnativa del solito…

Passati al setaccio della vita ordinaria i momenti di entusiasmo giovanile, a che punto sono nel mio cammino spirituale? È viva ed esistenziale la relazione con il Cristo, morto e risorto, o sono solo dei bei concetti ?  Quanto le preoccupazioni e le distrazioni del cammino quotidiano mi hanno rallentato e fatto deviare su percorsi più facili?

Nonostante i molti e lodevoli tentativi di animare e scandire a distanza il percorso quaresimale , messi in atto dalle parrocchie e dai singoli con tutti i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, ho passato una quaresima solitaria, preoccupato per tutto quanto d’intorno stava succedendo.  Ma sono anche convinto che quanto ho vissuto sia stato un passaggio necessario  per portare frutto in seguito.

Non posso dire di aver trovato risposta piena alle mie domande: mi sento ancora tiepido e incerto, ma intuisco che c’è qualcosa di profondamente vero, anche per me, nelle parole di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.

Una vita spirituale più scarna ma più concreta

Caterina: Questo periodo di sospensione delle Messe comunitarie, periodo che ha attraversato la Quaresima e la Pasqua, momenti centrali della vita della Chiesa, mi ha rimandato a una vita spirituale più scarna e  silenziosa, ma non per questo meno viva e concreta.

Mi sono resa conto che la fede può rimanere viva anche prescindendo da molte manifestazioni esteriori e pubbliche, la mancanza delle quali, però, può essere occasione per rivalutarle, perché spesso è proprio quando qualcosa a cui siamo abituati ci viene a mancare che capiamo quanto sia bella e preziosa.

Penso quindi che per me sia necessario vivere con animo pacificato questo periodo, cercando di rendere più saldo e profondo il mio legame di fiducia con il Padre, che è onnipotente nell’amore e che quindi può essere vicino a ciascuno come se fosse l’unica sua creatura, senza che per questo altri siano da Lui trascurati.

Quando poi sarà di nuovo possibile riunirci per pregare insieme, spero che lo faremo tutti con più gioia e gratitudine, proprio perché non sarà un atto vissuto con l’ inerzia dell’abitudine, ma un momento desiderato e atteso per presentarci tutti insieme al Padre, che vuole tra noi un forte legame fraterno.

La preghiera di papa Francesco

In questo periodo poi, ho anche avuto modo di riconsiderare l’importanza della figura di Papa Francesco, al quale ho scoperto che molti fanno riferimento ascoltando quotidianamente la Messa che celebra a Casa Santa Marta: anche questo può farci sentire comunità, e una comunità che può superare confini e separazioni di ogni genere.

Le parole di Francesco, sempre semplici e pacate, ma anche fortemente collegate alla concretezza della vita, i suoi gesti di preghiera solitaria pubblica, così austeri e significativi, mi sembrano un forte richiamo all’ unità tra tutti gli esseri umani e all’essenzialità della vita di fede, fede che al di là di qualsiasi silenzio o espressione dovrebbe basarsi sul “comandamento più grande” che Gesù stesso sottolinea: “amare Dio sopra ogni cosa e amare il prossimo come se stessi”, cosa che si può fare in qualunque tempo o situazione, con o senza liturgie.

Caterina e Bruno Cavalcante